I MIEI LIBRI

Capitolo III - Il Credo dell’Arbitro - OLTRE CONFINI DELLA MATRIX

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«Sto vivendo un momento di forte depressione. Ho tentato il suicidio. Cercherò di raccontarle come sono arrivato a questi livelli. Sono nato in una normale famiglia kazaka. Fin dall’infanzia pensavo di essere una persona fortunata: mio padre ha sempre avuto un buon posto di lavoro, anche se in aziende diverse, e la nostra famiglia non ha mai avuto bisogno di niente, al contrario dei nostri conoscenti che si lamentavano costantemente della mancanza di denaro ecc. I miei genitori sono molto conservatori, giusti sotto ogni punto di vista. Per loro la cosa più importante è mantenere una buona reputazione di fronte agli altri e secondo loro, qualunque cosa si faccia, bisogna sempre fare i conti con il giudizio degli altri. Questa è in linea generale una caratteristica nazionale dei kazaki, che dipendono in larga misura dalle opinioni degli altri, soprattutto da quelle dei parenti. Mi sono laureato con successo, specializzandomi in finanza, e ho iniziato a lavorare come contabile nell’azienda di mio padre.

All’età di 22 anni ho vissuto la mia prima depressione. Adesso, a pensarci, mi vien quasi da ridere, ma allora per me era la fine del mondo. È durata circa un anno, poi ho avuto un incidente di macchina: ho scassato la mia Audi, facendo danni per 2000 dollari. Pensavo di non poter essere in grado di rendere i debiti. Mio padre allora si era rifiutato di aiutarmi per principio, voleva che mi arrangiassi da solo. Alla fine ce l’ho fatta, ma a costo di un intero anno della mia giovinezza. In quel momento ero molto arrabbiato con il mondo e con mio padre. Pensavo che avrebbe potuto benissimo aiutarmi, ma non aveva voluto farlo per una questione di principio.

Allora decisi di licenziarmi dalla sua azienda, peraltro senza avere la minima idea di come andare avanti a vivere.

Dopo un po’ trovai lavoro in una banca. Nel giro di sei mesi diventai il responsabile di settore e dopo altri sei mesi fui nominato capo sezione. Ero talmente sicuro di me stesso che pensavo di poter facilmente diventare il presidente del Consiglio d’amministrazione della banca, se solo l’avessi voluto. Allora ero legato con tutto me stesso alla banca e davo tutto me stesso al lavoro. Dopo tre mesi, però, il nuovo Consiglio di amministrazione decise di togliermi dall’incarico di responsabilità, mettendomi di fronte alla scelta di licenziarmi o di occupare un posto di semplice impiegato. Mi dispiaceva molto per il collettivo di lavoro e accettai il posto di semplice specialista. Qualcosa però, dentro di me, si era spezzato. Persi il rispetto che prima avevo verso la banca (avevo intuito la sua essenza di pendolo) e cominciai consapevolemente a lavorare per me stesso all’interno di questo pendolo. La mia situazione finanziaria migliorò: in un anno riuscii a guadagnare 150.000 dollari. Per me si trattava di una grande somma di denaro e cominciai a pensare al mio primo milione. Ipotecai con la banca il mio appartamento e ricevetti un credito di 260.000 dollari. Avendo una liquidità di 410.000 dollari, pensai di far girare il credito per un anno e poi di chiuderlo. Intanto in Kazakistan era cominciato il boom edilizio: acquistai due appartamenti, ancora non costruiti, pensando di venderli al doppio a costruzione conclusa. Ovviamente comprai questi appartamenti con un credito preso alla mia banca. Tutto quello che ho fatto in quel periodo, l’ho realizzato mentre lavoravo come specialista in banca. Ho fatto anche dei viaggi: due volte sono andato in vacanza in Turchia, una volta in Cina e in Malesia. Pensavo di poter sempre vivere con questo tenore. Purtroppo, però, a causa della crisi finanziaria, il settore edilizio subì una battuta d’arresto e i soldi vennero congelati, tutti i miei soldi. In banca, nel frattempo, era cambiato di nuovo il Consiglio d’amministrazione, furono scoperti i miei movimenti finanziari e fui costretto a licenziarmi.

Per farla breve, ho perso tutti i miei soldi (anche se spero ancora di rendere tutto) e il lavoro, e il peggio è che non ho neanche la possibilità di trovarmente un altro, dato che la direzione della banca mi ha ritirato tutti i miei documenti e non ha intenzione di rendermeli fintantoché non chiudo il mio credito. Sono finito in un circolo vizioso.

Ma non è tutto, c’è anche la parte che riguarda la mia vita privata. Avevo una ragazza. Non l’amavo in modo particolare ma le ero affezionato. Ci eravamo lasciati, ma siccome frequentavamo la stessa compagnia, ci vedevamo spesso e finimmo per rimetterci di nuovo insieme. Mi sposai con lei non appena cominciai a lavorare in banca. Dopo un po’ ci nacque una bambina, che io adoro. Dopo la nascita di nostra figlia, conobbi per caso un’altra donna, e come succede a molti uomini, cominciai ad avere con lei una relazione sentimentale. Senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai perdutamente innamorato. All’inizio lei non sapeva che io ero sposato perché, ingannandola, le avevo detto che ero divorziato. Mia moglie però immaginava che stesse succedendo qualcosa. Nel frattempo è rimasta incinta del nostro secondo bambino. È finita che un giorno, scoprendo la mia relazione, ha fatto uno scandalo, ha chiamato i miei genitori, ha raccontato loro tutto e mia madre alla fine ha chiamato i genitori della mia donna dicendo loro tutto quello che pensava sulla moralità della loro figlia. Fui cacciato di casa. Ero già depresso per i miei problemi finanziari, e ora a questi si aggiungevano anche quelli familiari. Mi rendevo conto che non avrei più potuto vivere con mia moglie ma temevo anche che la donna che amavo mi avrebbe lasciato, venendo a sapere che non ero ancora divorziato e che mia moglie era in attesa del nostro secondo figlio.

I miei genitori mi odiavano, essendo stato causa della rovina della mia famiglia. Per colpa mia ora dovevano arrossire di fronte ai parenti, mentre prima erano così orgogliosi di me, del loro figlio, perfetto capofamiglia.

Dopo lo scandalo con mia moglie e i miei genitori, avevo sbattuto la porta e me ne ero andato di casa, pensando solo a una cosa: suicidarmi. Ho provato a impiccarmi, ma la corda si è spezzata; ho ingerito barbiturici, mi sono sdraiato su una panchina, per non risvegliarmi mai più, ma alla fine mi sono ritrovato in ospedale, dove mi avevano fatto la lavanda gastrica. Allora stavo così male, che pensai che era meglio se fossi morto. Dopo un po’ di giorni mio padre venne a prendermi e mi portò a casa. La mia casa era vuota: mia moglie incinta era ritornata da sua madre. Un po’ di tempo dopo ritrovai la ragazza che amavo (e amo tutt’ora). Pensavo che non volesse più avere a che fare con me invece lei mi aveva perdonato. Mi disse che mi avrebbe sempre amato, anche se sua madre non le avrebbe mai permesso di vivere con un uomo divorziato. Dopo un po’ di tempo ecco che scoppia un nuovo scandalo, questa volta per opera della madre di mia moglie: mi accusava di aver abbandonato mia moglie incinta e per punirmi aveva avuto l’idea di andare a far scandalo anche a casa della donna che amo.

Non sapevo quando questa storia sarebbe finita, e il senso di colpa mi spingeva a cercare nuovamente il suicidio. Tentai nuovamente di impiccarmi, ma alla fine ci ripensai.

Ma non doveva finire qui. Il primo scandalo l’aveva fatto mia madre, il secondo la madre di mia moglie, e il terzo, indovini un po’ chi? giusto, la madre della ragazza che amo. Era andata da mia madre e si era messa a urlare, a lamentarsi del fatto che sua figlia non era più vergine. Per la terza volta, allora, cercai di togliermi la vita. Non avevo proprio alcuna voglia di vivere. Ma un giorno mio fratello mi portò l’audiolibro Il Transurfing della realtà (tutti cinque livelli). Cominciai ad ascoltarlo e la mia profonda depressione cominciò a passare… L’ultimo scandalo e un nuovo attacco di senso di colpa, però, mi hanno nuovamente tolto la voglia di vivere. Mi è venuta l’idea di attivare il mio Guardiano, di trovarmi una giustificazione: queste cose succedono a molti, in tanti divorziano ecc. Il problema, purtroppo, è che su di me sento la forte pressione di mia madre. È una vera manipolatrice, mi dice che sarebbe meglio se fossi morto, perché potrebbe guardare la gente in faccia mentre così è una vergogna, non ha nessuno con cui parlare… Ha una mentalità orientale.

Perché non ho divorziato prima dello scandalo, si chiederà lei. Il fatto è che non ero sicuro. Avevo altre varianti. Mia moglie in realtà è una brava persona, con lei mi sentivo sicuro in tutto, sapevo che con lei non avrei avuto problemi. Però il mio cuore mi portava dall’altra ragazza. Purtroppo per noi, lei si è perdutamente innamorata di me e io non ho mai amato nessun’altro come lei. A mia moglie voglio bene come a una mamma, a una sorella, ma non come a una donna.

Ora mi vedo con mia figlia una volta alla settimana. Di nascosto mi incontro con la ragazza che amo, giacché i suoi genitori non le permettono di uscire con me. Con mia madre non parlo più. Lei ha smesso di considerarmi suo figlio.

In questo momento sono senza lavoro, in attesa che uno dei progetti su cui ho investito si concluda felicemente, mi permetta di chiudere il credito, rientrare in possesso dei miei documenti e trovare un nuovo lavoro. Per il momento, però, è tutto fermo. Tutti i progetti sono congelati. Insomma, nel giro di poco tempo tanti i problemi si sono sommati: lavoro, soldi, mia moglie, il bambino, mia mamma, la donna che amo, il senso di colpa, i parenti…».


Intorno a lei si è creato un fitto nodo di problemi che non si possono risolvere con una mossa sola. Le serviranno tempo e pazienza. Tutto si sistemerà, se lei seguirà coerentemente i principi del Transurfing. Come base, però, lei dovrà assumere un principio chiave per lei, che, non subito ma comunque prima o poi, finirà per raddrizzare la sua intricata situazione e cioè: vivere secondo il suo credo. Questo significa formulare precisamente per se stessi quei principi esistenziali che si ritengono necessari e agire in accordo con essi, senza sdoppiamenti.


Per dirla in termini tecnici, il credo è la messa a fuoco dell’anima e della ragione in un’unica immagine chiara. Quest’unità farà di lei l’Arbitro della sua realtà: non avrà niente da temere, nulla da difendere, nulla da nascondere, nulla di cui preoccuparsi. Otterrà con facilità tutto quello che vorrà. Non sarà più afflitto da esitazioni, da dubbi riguardo alla correttezza o no del suo agire in determinate situazioni. Dopo tutto, lo specchio non mente mai, esso riflette semplicemente quell’immagine con la quale ci si è messi di fronte. E se l’immagine è chiara – per quanto improbabile essa possa sembrare – non mancherà di riflettersi nella realtà.


Per liberarsi dalle preoccupazioni riguardo a quella realtà che lei non ha la forza di cambiare, basterà semplicemente accettarla. E sarà solo allora che questa scomoda realtà la lascerà in pace. Che cosa significa accettare e perché in questo modo ci si potrà sbarazzare dei fastidi? Perché quando si accetta un fatto, esso cessa di agitare e creare preoccupazione. Fintantoché questo fatto la tocca da vicino, lei non lo “molla” e lo trasmette allo specchio. Lo specchio mostra sempre l’immagine dei suoi pensieri. Non appena lo accetta, il fatto sparisce dall’immagine e di conseguenza scompare dalla realtà che la circonda.


I fenomeni di discordia apparsi nella sua vita si sono verificati per il fatto che lei si doveva bilanciare in un punto di equilibrio instabile. Da un lato lei era bloccato da certi modelli tradizionali di comportamento: rispettare le leggi della sua comunità, vivere in modo giusto. D’altra parte, però, gli imperativi della sua anima la portavano a violare le leggi del sistema. Quando tra l’anima e la ragione sorge discordia, l’immagine che appare di fronte allo specchio del mondo è distorta, ed essa si materializza in un corrispondente riflesso confuso nella realtà.


Quando la ragione dice una cosa e l’anima richiede qualcosa di completamente diverso, si cerca di trovare qualche soluzione di mezzo. Si pensa che possa esistere qualche compromesso, ad esempio: voglio preservare e mantenere la famiglia, ma mi vedrò in segreto con la ragazza che amo; oppure: sono un uomo di successo, indipendente, mi muovo come meglio credo, ma che mio padre mi aiuti. In realtà, in questi casi non ci può essere compromesso. Bisogna scegliere: o si marcia in riga con tutti gli altri, sottomettendosi alle leggi del sistema, e allora il sistema fornirà sostegno, oppure si deve uscire dai ranghi e seguire la propria strada, lasciandosi guidare dalla voce del cuore.


Vede, l’asse dev’essere solido, unico, non sdoppiato. In caso contrario, si può solo spezzare. La sua sdoppiatura, a sua volta, genera lo sdoppiatura dei suoi familiari. Sia i suoi genitori che le sue donne si trovano a oscillare tra sentimenti genitoriali e norme accettate, tra amore e aspirazione a tenere unita la famiglia. Ne deriva che lo sbilanciamento che lei manifesta finisce per creare ancor maggior squilibrio nel mondo che la circonda. Lei dovrà scegliere tra una via o l’altra, ma, quel che importa, è che dovrà scegliere una sola delle vie. Ciò fatto, dovrà seguire rigorosamente il credo prescelto.


Prima di decidersi nella scelta, dovrà sentire con tutta l’anima e la ragione di star facendo la cosa giusta. Dovrà sentire dentro di se saldezza, stabilità, forza incrollabile. Ma in primis dovrà formulare per sé questo suo credo e solo dopo muoversi in conformità ad esso. E non viceversa: prima trovare un compromesso, fare una mossa sdoppiata, e quindi provare ad adattarla al suo credo.


Quando si troverà a dover scegliere su quale base posare l’asse del suo credo, se sugli imperativi del cuore o sulle leggi del sistema, le potrà sembrare che anche questo passo la porterà di nuovo verso una situazione di destabilizzazione: o sarà l’anima a non accettare, o sarà la società. In realtà sono accettabili sia l’una sia l’altra via.


Ovviamente, l’ideologia del Transurfing sollecita a uscire dai ranghi comuni e a percorrere una propria strada. Se in questa scelta si riesce a far confluire l’anima e la ragione in una posizione unitaria o, in altre parole, a scegliere per se stessi un credo e ad attenersi fermamente ad esso, allora il sistema, sorprendentemente, comincerà a guardare all’insubordinazione favorevolmente, chiudendo un occhio. Questo accade perché lei in questo caso sarà diventato Arbitro della sua realtà, avrà stabilito nuovi standard per sé e approvato le sue proprie leggi. Il rango si volterà dalla sua parte e comincerà a marciare dietro di lei.


Se invece lei optasse per restare nei ranghi e in questo caso il suo credo sarebbe quello di osservare scrupolosamente le leggi del sistema, allora, fermi restando una certa ostinazione e diligenza, potrà raggiungere comunque un grande successo, arrivando ad avanzare verso la prima fila di questo rango.

Qualunque sia la sua scelta, l’importante è che lei non tradisca in primo luogo se stesso. Non appena le persone intorno a lei percepiranno il suo solido e unitario baricentro, non saranno più costrette a sdoppiarsi standole vicino, ma la capiranno e cesseranno di ostacolarla.


«Sono un leader, un esempio per tutti, una persona molto rispettata nel mio ambiente. La gente che mi circonda si aspetta da me sempre qualche successo (in carriera, nel business, sul fronte finanziario) ma questo fatto altera lo spazio non a mio favore. Infatti gestisco situazioni pesanti, ho sempre problemi finanziari ecc., nonostante io abbia tutte le premesse per una crescita. Come mi devo comportare di fronte agli altri? A che immagine devo attenermi di fronte ai miei cari?».


Lei ha giustamente osservato che lo spazio intorno si altera non a suo vantaggio. Solo che la causa è da ricercare non nelle aspettative delle persone circostanti bensì nel fatto che lei si è agganciato a queste aspettative come se fossero un’ancora e ciò facendo ha portato dentro il suo credo un elemento distruttivo. L’opinione degli altri è un sostegno instabile. Bisogna “comportarsi” non “davanti agli altri” ma davanti a se stessi. Bisogna “mantenere un’immagine” non “davanti ai propri familiari” bensì davanti al proprio specchio. L’amalgama di questo specchio deve essere composta dal suo credo, e non dalle valutazioni degli altri.


«Ho 22 anni, un’energia sessuale che sprizza da tutti i pori e che purtroppo non posso realizzare. Non riesco a ridurre l’importanza, per questo a volte mi sento in tensione. Non posso dire che le cose mi vadano malissimo, ma provo una sorta di senso di deprivazione, un complesso di inferiorità, non so neanche come descrivere questa sensazione. Vorrei avere regolari rapporti sessuali tre-quattro volte alla settimana con partner diverse. Vorrei anche avere rapporti sessuali con due donne contemporaneamente. Il Mondo mi ostacola, come se non volesse che io mi realizzassi nella sfera intima. Mi va tutto bene fino al momento in cui tento un approccio sessuale. Allora succede che o la ragazza ha le mestruazioni, o i miei amici ritornano dal cinema prima del tempo, o succede qualcos’altro. Voglio che nel Mio Mondo ci sia tanto sesso! Come visualizzare tutto ciò con le diapositive non so proprio. Inoltre ho paura di far conoscenza o di socializzare e non so come risolvere questo problema.


Occorre svegliarsi e guardare alla situazione dall’esterno. La situazione che si presenta è la seguente: un uomo ha timore di avvicinarsi a una donna. E allora vien da chiedersi: ma cosa è in grado di fare un uomo così, a che serve? Ma è veramente un uomo?


Si renda semplicemente consapevole di tutta l’assurdità di questa paura e proverà subito prima vergogna e poi un senso di leggerezza e sicurezza. Lei è l’Arbitro della sua realtà, oppure no? Lei è un uomo, in fin dei conti, oppure no? Nessun approccio psicologico, nessun Transurfing, nessun altro metodo di superamento della paura l’aiuteranno. Deve solo ricordarsi di chi è lei.


Ma cosa sto a spiegare, qui? Sognatori, svegliatevi! Guardate fino a che punto siamo arrivati. Nelle scuole dove si impartiscono lezioni di tecniche di seduzione, gli uomini vengono addestrati in primo luogo a non aver paura di far conoscenza con “il sesso debole”. Ma quale sesso viene considerato debole?


Ci scontriamo di nuovo con una manifestazione di sdoppiamento. Da una parte un rappresentante del sesso forte desidera considerarsi tale. Dall’altra, però, siccome sono in pochi ad avere un credo integro (e il lettore evidentemente non fa parte di questo numero), vengono dei dubbi rispetto alla realtà della forza. Si presenta uno scenario di questo tipo: voglio sembrare forte, ma ho paura di far fiasco. Non ho scritto a caso, “voglio sembrare”, e non “voglio essere”, perché per una persona senza credo è importante non tanto lo stato reale delle cose quanto l’apparenza. Un uomo senza credo arriva a un accordo malizioso con se stesso: solo davanti a se stesso, da qualche parte nel più profondo della sua anima, riconosce la sua debolezza, ma l’importante è che gli altri non ne sospettino l’esistenza e pensino che lui sia un macho o un osso duro. Cosa bisogna fare per la realizzazione di quest’accordo? Conformare la forma esterna al contenuto. Ciò significa che bisogna dimostrare a se stessi e agli altri chi qui è il primo. In termini più diretti, farsi quante più femmine possibile. Il fatto che l’abbordaggio fine a se stesso sia in sostanza un atto cinico e amorale non si tiene neanche in conto. Certo, le vittime innocenti, dopo l’uso che se ne sarà fatto, soffriranno per l’abbandono, ma chissenefrega, tanto io sono “l’Arbitro”, il capo del branco, per questo faccio quello che mi pare e piace. È così che gli uomini, decisi a specializzarsi in abbordaggi, cominciano a frequentare la scuola (anzi, l’asilo) per imparare a non aver paura di comunicare con il sesso debole e a praticare varie tecniche di abbordaggio.


In generale, alla categoria del sesso debole si dovrebbero far rientrare gli uomini. E che cos’altro si potrebbe dire di coloro che mirano ad autoaffermarsi a spese altrui? Lo spettacolo che offrono, a chi osserva dalla platea, è molto divertente.


Maria Maddalena, per esempio, non ha potuto in alcun modo essere ufficialmente riconosciuta e classificata come tredicesimo apostolo, accanto ai dodici più noti, per il semplice fatto che era una donna. Riconoscerlo, allora, era una cosa inimmaginabile! Non a caso l’hanno etichettata come prostituta. Verso le prostitute “gli arbitri al contrario” provano un caratteristico sentimento di disprezzo, nonostante si servano volentieri delle loro prestazioni. Questi soggetti ragionano così: lei è una puttana, e io sono il “vertice” della creazione. Questi “vertici” usano spesso persino le donne a loro vicine allo scopo di portare la forma difettosa del loro credo a un contenuto degno. Pensano: “Ho un lavoro importante, quindi ho il pieno diritto di rilassarmi con una bottiglia e non fare niente in casa”. Nella maggioranza dei casi, peraltro, tutta l’importanza del loro lavoro si riduce essenzialmente a un atteggiamento tronfio e a un rigonfiar di guance. Partorire, prendersi cura dei figli, oltre che dei membri adulti della famiglia, non viene considerato un lavoro.


Ma sono ancora tutte sciocchezze. Quando “l’Arbitro” esce dall’età dell’“abbordaggio”, nella migliore delle ipotesi si rassegna alla discrepanza tra la forma desiderata e il contenuto mediocre, e allora, per quanto paradossale possa sembrare, il suo credo acquista interezza e il soggetto diventa quello che in sostanza è: una persona grigia, senza talenti particolari, che finisce i suoi giorni in uno stato d’amorfità. Nel peggiore dei casi, invece, non si calma, e la sua lotta contro la sua discrepanza clinica può acquisire forme ipertrofiche. Proprio un tipo come lui, un sofferente con un senso d’inferiorità, aspira al potere, scatena guerre sanguinose e altre atrocità, già in grande scala.


Per riassumere, resta da dire quanto segue. Chi ha un proprio credo non ha niente da conquistare e niente da difendere (da non confondere, però, con “niente a cui aspirare”). Va avanti per la sua strada e si prende tranquillamente quello che è suo, senza isterismi e nella quantità che gli serve.


«Mi dica, si può considerare un fine la libertà personale? Ho letto d’un fiato i suoi libri. L’effetto è stato molto forte. Leggendoli, sono arrivata alla conclusione che il mio fine è quello di acquistare una casa e di creare un focolare accogliente per la mia famiglia. Ho intitolato il mio fine “la mia Casa e la felicità in essa”. Successivamente, ho passato diversi mesi a praticare il metodo da lei descritto. Per il momento, però, cambiamenti significativi in termini di opportunità di comprare una casa mia non sono avvenuti. Quest’ultimo mese, non ho praticato attivamente la visualizzazione della mia diapositiva, soprattutto dell’amalgama. Adesso ho una grande confusione dentro di me. Negli ultimi giorni sono giunta alla conclusione che l’acquisto di una casa, forse, non è il mio vero fine. O meglio, è solo uno strumento. Il vero fine è ottenere la libertà di fare quello che voglio, di essere libera nei miei desideri e nella loro manifestazione. Quando ero bambina non ho goduto di quest’opportunità. Mi dicevano e mi indicavano sempre cosa fare e come farlo. Mi sento addosso un tremendo senso di colpa che mi impedisce di esprimere liberamente i miei desideri. Ora ho una famiglia mia e un bambino, ma sento che continuo a vivere in conformità ai principi assimilati nella mia famiglia d’origine: divieto di avere desideri propri, giustificazioni costanti.


Mi sono resa conto che non ho voglia di lavorare, almeno non nella forma e nel concetto di lavoro che seguivo prima (ora sono a casa con mia figlia, che ha un anno e mezzo), e che seguono tutti. Ma non ho idea di cosa fare e di come guadagnarmi da vivere. Non riesco a capirlo, a trovarlo dentro di me. Ho paura di venir accusata di voler vivere a spese altrui, di venir condannata, rifiutata. Ho paura di venir punita. Cerco di affrettarmi a trovare me stessa, ma è ancora peggio. Mi sembra di vedere la risposta, mi sembra che sia vicina, ma non riesco ad afferrarla. È un po’ come pescare un pesce in un acquario. Mi rendo conto che sto caricando un forte potenziale, ma non riesco a vedere dov’è la via d’uscita, non vedo la finestrella aperta».


La libertà non è un fine ma un qualcosa di scontato se lei pratica il Transurfing. Si ricorda dell’enigma del Guardiano? Ognuno può ottenere la libertà di scegliere tutto quello che più gli piace. Ma come ottenere questa libertà? Risposta: la libertà si ottiene quando si smette di lottare per ottenerla.


Di che lotta si tratti è descritto dettagliatamente nel libro Il Transurfing della realtà. Qui posso solo dire che la lotta che toglie libertà è quella che noi conduciamo contro noi stessi e che si traduce regolarmente in lotta contro il mondo circostante. La causa prima di questa lotta è da ricercare nell’assenza di un saldo credo.


In linea generale il problema consiste nel fatto che la vita non è come si vorrebbe. Il mondo disubbidisce. Si possono intraprendere certe mosse per condizionarlo, ma siccome lei non può vedere tutta la catena delle cause e degli effetti è costretta a sbattere invano i palmi sulla superficie dello specchio, cioè a entrare in lotta.


Ma esiste un’altra via. Bisogna ricordarsi che la realtà è il riflesso della nostra immagine mentale. Se sullo specchio si osserva un quadro confuso, vuol dire che bisogna correggere l’immagine. Ed è molto semplice: non appena ci sarà un credo saldo, nella vita tutto andrà come deve. Lei non si dovrà preoccupare del modo in cui il credo raddrizzerà la sua realtà. Se nell’immagine non ci saranno incrinature, il riflesso si normalizzerà da solo. Come avere un proprio credo? A questo fine occorrerà ridurre le azioni e i pensieri a un unico comune denominatore. Dico quello che penso e penso quello che dico. Quello che è nei pensieri è nei miei atti, e quello che è nei miei atti è nei miei pensieri. Bisogna smettere di sdoppiarsi tra anima e ragione. Senza sdoppiamenti vivere diventa molto più facile e semplice, cadono subito tutti i pesi dei potenziali supeflui.


Per prima cosa, però, bisogna formulare un credo per se stessi, in conformità alle proprie convinzioni e alle proprie preferenze. Ma farlo subito non si riesce, o non riesce a tutti. In questo caso si dovrà ridurre la forma (cioè gli atti) e il contenuto (i pensieri) a un’unità in modo progressivo, seguendo la catena delle reazioni. Come farlo è stato spiegato nel corso di base del Transurfing, sull’esempio del complesso di colpa e d’inferiorità.


Al fine di liberarsi del senso di colpa e di obbligo bisogna smettere di giustificarsi. Per sbarazzarsi del senso di inferiorità bisogna smettere di adottare atteggiamenti diretti ad aumentare artificialmente il proprio valore. Anche per formarsi un credo non ci sono difficoltà: occorre smettere di contorcersi, schermirsi, ingannare (soprattutto se stessi), appagare i manipolatori. Provi a farlo e si convincerà, le piacerà.


Lei diventerà una personalità integra e carismatica, e ci arriverà da sola, non a spese altrui. Il mondo le girerà intorno e tutto si sistemerà.

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