I MIEI LIBRI

SCARDINARE IL SISTEMA TECNOGENO - Parte II - LA TECNOSFERA

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 I parassiti sociali


«Segodnja samyj lučšij den’

Segodnja bitva s durakami».


(Oggi è il giorno più bello, oggi è il giorno della battaglia contro gli stupidi).


(Gruppo Mašina vremeni)1


Per comprendere il motivo per cui la gente incontra difficoltà con il Transurfing, bisogna capire com’è strutturata la nostra società. Cominciamo con alcuni temi non proprio piacevoli. A volte, non spesso, ricevo lettere da persone che si sentono, evidentemente, offese o le cui aspettative sul Transurfing non sono risultate per qualche motivo soddisfatte.


«Lei sta andando sicuramente per la strada giusta! Si sta facendo i soldi, fintantoché il suo nome è di moda e sulla bocca di tutti!».


Ecco, detto in modo conciso e chiaro. Propongo di scrivermi lettere di contenuto simile proprio in questo formato, perché se il messaggio fin dall’inizio si connotasse come ostile e fosse più lungo di due-tre righe, rimarrebbe non letto e verrebbe inviato in quello che è il suo posto, cioè nel cestino. In questo modo il lavoro andrebbe perduto… invece così, in termini laconici e pertinenti, la freccia raggiunge il bersaglio e io vengo sconfitto e abbattuto.


In generale, non avrei voglia di toccare questo tema. È vero però che si possono ignorare le provocazioni di singole marionette-pendoli, ma se esiste un certo fenomeno non è facile far finta di niente. E il fenomento esiste. Una delle sue manifestazioni consiste in questo: ricevo lettere di persone sinceramente convinte che il mio lavoro non debba essere retribuito. Per esempio:


«Una delle cause che mi hanno indotto a leggere il Transurfing è stata proprio l’approccio disinteressato: l’autore diffondeva liberamente il libro senza richiedere nulla in cambio. Invece adesso il Transurfing sembra un progetto commerciale».


Beh, innanzitutto non mi sono mai occupato della diffusione gratuita dei miei libri. Vero è che, se a qualcuno serve il testo, glielo spedisco. In secondo luogo, se lei è convinto che si debba lavorare gratuitamente, vada pure a farlo. Suvvia, perché non va lei a prestar servizio volontario gratuito? O vuole fare il furbo e scapolare?


A essere onesti, tutti, in un modo o nell’altro, produciamo qualcosa e riceviamo per questo un compenso. Se andassi dall’autore di questa lettera a chiedere qualcosa che egli produce, non me lo darebbe gratuitamente per alcun motivo. Però nella sua testa si è ben radicata la convinzione che io gli debba qualcosa. E non solo gli devo ma sono obbligato a dargli il mio lavoro in cambio di nulla. Questa è la mentalità dei parassiti.


Lettere come queste non mi toccano, mi sbalordiscono. Guardo a queste cose con disgusto e al contempo con la curiosità di un ricercatore. Questo fenomeno, infatti, presenta un interesse quasi medico ed è degno di uno studio approfondito. Esistono i parassiti del corpo, noti a tutti, ed esistono i meno noti parassiti della coscienza. Ma ci sono anche i parassiti sociali, che, stranamente, sono stati poco studiati come fenomeno. Siccome non padroneggio il tema con competenza, non mi ci soffermerò molto ma mi permetto solo di fare alcune osservazioni.


In questi casi, curiosa e stupefacente non è tanto la manifestazione della sostanza del parassita, quanto l’indescrivibile stupidità delle sue pretese. Ditemi un po’, come si può accusare di «tendenza viziosa al commercio» un artista, un musicista, un compositore, uno scrittore, persino un cuoco? Provate a lasciare il tavolo di un ristorante, entrare nelle cucine e urlare al cuoco: «Perché sei qui a far denaro sulle nostre spalle, cane che non sei altro?!». Oppure ai musicisti durante un concerto: «Anche voi siete qui a far soldi a nostre spese! Voglio arte pura e gratuita!».


Ebbene, tu che parli tanto, per quale motivo sei andato al ristorante o al concerto? Hai bisogno di ottenere qualcosa, non è così? Diversamente, se non ne valesse la pena, non staresti a spender soldi. Pagare per il lavoro altrui a un parassita non piace proprio per niente, non lo vorrebbe proprio fare! Per scroccare qualcosa è sempre in prima fila, ma se non gli riesce di scroccare, eccolo lì pronto ad accusare per primo gli altri di tornaconto! Proprio così si comporta il verme: mette il naso fuori dal suo buco, gira la testa, si indigna: oh, che mercato si sono permessi di allestire! Il cuoco lo nutre, il musicista lo diverte, ma la cosa non gli piace affatto. Certo, se tutto fosse gratis allora sì che andrebbe bene e sarebbe giusto. Lui magari nel frattempo sistema in bella fila i salami nel suo negozietto e guai se qualcuno gli chiede qualcosa in omaggio! E poi, bella differenza, penserebbe: i miei concreti salumi pregiati in cambio delle vostre menate artistiche!


Mi abbasso appositamente a questo primitivismo per spiegare cose che sembrerebbero evidenti. Però ci sono persone che queste cose semplici non le capiscono lo stesso.


Quelle enormi cifre che pare si faccia a sbafo un autore, nell’immaginazione di un verme, in realtà non esistono. Sono di gran lunga più modeste. Allo stesso tempo, il rapporto tra l’intensità che è dietro al lavoro dello scrittore e il ritorno materiale che egli ne ha è assolutamente sproporzionato. Chi non ha provato a occuparsene non se lo può neanche immaginare.


Anche il Centro Transurfing (http://tsurf.ru/) non dà tregua ai vermi, non possono accettare il fatto che qualcuno stia guadagnando soldi sulla formazione. Ma il Centro è sorto in seguito alla domanda di formazione e quindi a qualcuno è necessario. Ciò significa che gli insegnanti debbano lavorare gratuitamente? La conduzione delle lezioni richiede competenze elevate e una totale dedizione al progetto. I parassiti, credo, non sanno quanto costi a un insegnante fare lezione in classe. È gente che non apprezza il lavoro degli altri e che di certo non è abituata a dare molto nel lavoro. Personalmente non ricevo alcun reddito dal Centro Transurfing, perché non tengo alcuna lezione. Quando deciderò di fare l’insegnante, allora percepirò una retribuzione. O forse anche in questo caso non ne avrei il diritto?


Se proprio bisogna parlare di rapporti commerciali veri e propri, va detto che nel commercio di per sé, non c’è nulla di male: il business è business. E tutti si riferiscono con rispetto e attenzione ai princìpi del business, quando si tratta di un business personale. Invece sul business creato da altri, molti sono pronti a incollare etichette di tornaconto, frode, gioco sleale. E poi, scusatemi, di che tipo di commercio si può parlare giudicando i miei libri che trattano argomenti scomodi come il regime alimentare di tipo vegetariano crudista? È forse un tema così popolare? [In Russia; N.d.T.]. Se parlassi di carne, allora sarebbe un altro discorso!


Comunque sia, se io perdessi la fiducia in un autore che prima leggevo e mi piaceva, non ci penserei due volte: me lo lascerei alle spalle e me ne andrei per altri percorsi, evitando in futuro di avvicinarmi e di toccare le cose che lui fa. Voi invece (mi rivolgo agli autori di messaggi simili a quello in oggetto), perché siete ancora lì a scalpitare sul posto? Potete tranquillamente andarvene, uscire. Ho sempre detto che con me non invito nessuno.


In realtà la maggior parte del mio lavoro non viene retribuita. Il lavoro di corrispondenza con i lettori che si rivolgono a me con la richiesta di aiutarli in varie situazioni esistenziali concrete porta via molto tempo e molte forze, e qui io aiuto a titolo gratuito la gente, in misura delle mie possibilità e per quel tanto che riesco a fare. Se io non percepissi reddito dai miei libri, allora dovrei occuparmi di qualcos’altro per guadagnarmi da vivere, e in questo caso non mi resterebbe il tempo per fare quello che adesso sto facendo. E qui mi fermo.


Tutto ciò suona come un’assurdità, una cosa da selvaggi, non è vero? E forse che le pretese dei vermi non suonano selvagge? Però anche loro sono persone che si trovano in mezzo a noi, e che la società considera pienamente adeguate, in grado di intendere e volere. Ma perché ha luogo questo fenomeno?


Da noi, in Russia, dove la malattia del parassitismo sociale ha raggiunto una forma acuta, questo fenomeno è condizionato da caratteristiche storiche. Sia nel Medioevo che ai tempi della servitù della gleba2, nonché durante il socialismo, la responsabilità per il pagamento di un dazio in un modo o in un altro ricadeva sulla comunità (kolchoz), piuttosto che sui singoli. Succedeva che alcuni lavoravano con coscienza, mentre gli altri potevano anche permettersi di non far nulla, tanto la comunità avrebbe pagato per tutti. Un ideale terreno fertile per la proliferazione dei parassiti!


Dopo la caduta del regime zarista, che vide il sistema burocratico svilupparsi sino a raggiungere livelli patologici, i bolscevichi avevano covato la speranza di distruggerlo alle radici: «Sradicheremo il morbo e poi…». Lo distrussero ma non ne venne fuori nulla: dopo la rivoluzione la burocrazia fiorì peggio di prima, in tutta la sua mostruosità.


Lenin, osservando quello che stava prendendo forma dopo la rivoluzione, fu in preda alla disperazione più viva, non sapendo cosa fare. Lo angustiavano più di tutto non la crisi e la devastazione, non la resistenza dei contro-rivoluzionari e nemmeno gli sciocchi e le strade da costruire, bensì la rapida crescita del sistema burocratico che sembrava evolversi da solo, secondo leggi proprie, e cui nessuna direttiva poteva far fronte.


Molti di noi ricordano ancora come in epoca socialista e fino al suo crollo si portasse avanti una campagna attiva contro la burocrazia. Oggi della burocrazia non ci si preoccupa più, si è occupati dalla lotta contro la corruzione. E, ancora una volta, sembra che non ne possa venir fuori nulla di buono. La storia, come si sa, non insegna niente. È ovvio che contro i parassiti sociali, così come contro quelli del corpo, lottare non ha senso. Quello che bisogna fare è creare un ambiente tale per cui la loro esistenza diventerebbe impossibile.


Ma anche tenendo conto dell’eredità storica, faccio fatica a comprendere che gli uomini civili e istruiti di oggi possano ritenere in buona fede che qualcuno debba loro qualcosa, mentre loro non si ritengono assolutamente obbligati a dare qualcosa in cambio. Per dirla in breve, come nel celebre film Dersu Uzala3: «skol’ko let tajga chodi – ponimaj netu» [«quanti anni andare in taigà, capire niente»; [N.d.T.].


E se si scopre che non ci capiamo l’un l’altro in linea di principio, significa che siamo troppo diversi, quasi venissimo da altri pianeti, e dunque dobbiamo tenerci opportunamente a distanza. Solo che non sempre si riesce a ignorare la manifestazione dell’essenza di una creatura aliena, quando essa è al di fuori del suo ambiente. Se, per esempio, si ignorano i parassiti del corpo, essi si possono insediare da qualche parte e starsene lì tranquillamente a gozzovigliare a spese altrui. Anche ignorare i parassiti sociali non funziona: vai da un funzionario per avere un certificato, e lui con una mano te lo tende e con l’altra te lo trattiene. Il Transurfing non salva né dai primi né dai secondi. Il rimedio contro i parassiti del corpo e della coscienza, per fortuna, è stato trovato: cibo vivo, acqua viva e aria viva. Ma il rimedio contro i parassiti sociali dov’è? Nessuno l’ha ancora trovato, ma lo cercheremo.


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La cattura dell’attenzione


Dopo la risonanza ottenuta dal libro Apokrifičeskij Transerfing [Il Transurfing vivo, cit.; N.d.T.] sono stato letteralmente sommerso da lettere di lettori e richieste da vari periodici (anche esteri) relative agli articoli e all’intervista, ragion per cui il mio tempo libero ne ha fatto le spese e questo libro ha avuto una lunga gestazione.


D’altra parte, questo vivo interesse fa piacere ed è indizio del fatto che la rotta “Aggiornamento Transurfing” seguita negli ultimi libri è stata scelta correttamente e per tempo. L’idea della pulizia del corpo, del potenziamento dell’energia e della liberazione della coscienza attraverso un regime alimentare basato sul cibo vivo ha trovato un forte sostegno tra i lettori. Ricevo tante lettere piene di entusiasmo e gratitudine per il Transurfing nel suo nuovo orientamento, che pare funzionare molto più efficacemente rispetto a quello classico.


Francamente, non contavo in un simile consenso, perché il nuovo corso prescelto sembrava assai strano, insolito e particolarmente impopolare [in Russia, dove il crudismo e il mangiar sano non hanno ancora largamente attecchito; N.d.T.], almeno in un primo momento. Non solo, ma ho dovuto contenere una fortissima pressione da parte di molti lettori convinti che io “stia ingombrando di rifiuti inutili” l’essenza stessa della filosofia del Transurfing. Nonostante questi ostacoli, però, la nuova filosofia non solo sta iniziando a mettere radici, ma sta anche ispirando profondamente (ormai) molti.


Evidentemente il tema del cibo vivo tocca le corde profonde dell’anima, lascia intravvedere nuovi spiragli di luce alla fine del tunnel. Più avanti cercherò di spiegare perché è così. Ma ora cominciamo da questo:


.juunzen ekulzar v ‘vobjul taksi, juunzerbzeb ‘lad v ‘saliladu I. ogonsetuzeb, oben v aluntem, ogonnesevdop tsovch az ja alitavhS. Jynnesevdop ypal aS? Otc aZ. jynesevB? otK. Jasteatlob – uzjal. Gjznnesevonvaruen, usel op ja ‘salelP


Vi siete svegliati? Chiedo venia, cari lettori. Ho usato questo metodo per attivare la vostra attenzione. (Il frammento è stato tratto dal libro Forum snovidenij [Il forum dei sogni; N.d.T.]). Diversamente avreste potuto non cogliere il significato del messaggio che vorrei far giungere fino a voi. Sapete come succede nei sogni: quando accade qualcosa di troppo eccentrico, l’attenzione si risveglia e l’uomo si rende conto improvvisamente che sta sognando. Ma la cosa principale non è il fatto che lui se ne renda conto, quanto quello che a partire da questa consapevolezza egli cessa di essere uno zombie e comincia a vedere con chiarezza e a capire quello che sta succedendo intorno a lui.


Recentemente mi sono accorto con sorpresa di un fenomeno strano. Nelle lettere che ricevo, la gente mi fa continuamente domande su temi esposti dettagliatamente nei miei libri. Per esempio, nel libro viene posta una domanda diretta cui fa immediatamente seguito una mia risposta diretta e chiara. Certe persone, però, dopo aver letto i libri, mi scrivono presentandomi la stessa domanda, quasi parola per parola.


All’inizio non ho prestato grande attenzione a questa circostanza, ritenendola il frutto di una semplice disattenzione. Ma ultimamente questi casi si stanno ripetendo con frequenza crescente, assumendo le caratteristiche di un fenomeno generale.


Si ha l’impressione che la maggior parte dell’attenzione della persona nel momento di leggere il libro venga catturata da qualcuno o qualcosa. Lo stesso fenomeno succede con l’energia: se una persona è malata, quasi tutta la sua energia è convogliata a combattere la malattia. Oppure, se una persona si è presa in carico un peso di responsabilità maggiore alle sue forze, la maggior parte della sua energia libera si trova bloccata, occupata dagli obblighi che si è assunta.


Nei miei primi libri avevo scritto di come un pendolo possa catturare l’attenzione di una persona, quando questa, irritata, ansiosa o spaventata, finisce per cadere in uno stato di “stupor”, di torpore, si immerge a capofitto nel suo problema, come in un sogno, e smette di vedere e di capire quello che sta accadendo nella sua realtà. Allora, però, non descrivevo questo fatto come un fenomeno di massa. Invece adesso noto chiaramente una regolarità di dimensioni estese. Francamente, considero questo fenomeno come un segno già preoccupante, perché solo due o tre anni fa non era così pronunciato. Per questo motivo più avanti tornerò più di una volta sull’analisi di questa manifestazione, mentre ora riporterò alcuni altri esempi che illustrano l’effetto della cattura dell’attenzione.


Prendiamo, a titolo d’esempio, il testo della newsletter sui parassiti sociali1. A volte spiego perché faccio questo o quello, a volte no. In quel testo specifico avevo chiaramente spiegato perché avevo deciso di affrontare l’argomento. Ciononostante alcuni lettori, dopo aver letto la mia spiegazione, mi hanno subito chiesto: «Ma perché lei fa questo?», specificando più avanti: «Nel mio mondo non ci sono parassiti!».


Ecco, se si assolutizzano stupidamente i princìpi del Transurfing, ci si può immergere in un’illusione creata da se stessi e tale per cui non si riesce nemmeno semplicemente a valutare in modo adeguato la realtà, figuriamoci poi a controllarla.


Di questo mi preoccupo: si può sicuramente ignorare dei singoli provocatori, ma ignorare un fenomeno sarebbe da stupidi. Un fenomeno va quanto meno studiato da una posizione di osservatori, non ignorato alla maniera degli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia. Ebbene, i parassiti del corpo, della coscienza e gli scrocconi sociali, esistono sicuramente nel vostro mondo e non spariscono solo perché avete dichiarato che non ci sono.


I primi se ne stanno acquattati nel vostro corpo buoni e zitti ed è proprio quello che gli serve per fare in modo che voi non notiate la loro presenza. I secondi possono facilmente occupare la vostra coscienza a un livello tale che voi non ve ne accorgete neppure. E con i terzi, comunque, in un modo o in un altro siete costretti a incontrarvi o scontrarvi nei luoghi della burocrazia o simili.


Quindi, ripeto, i parassiti non vanno ignorati ma come minimo osservati, meglio se con una lente di ingrandimento. Quando li si tira fuori dall’oscurità, dove gli è comodo brulicare, e li si espone alla luce del giorno, cominciano subito a dimenarsi e a contorcersi, perché, per loro, esibire il proprio aspetto sgradevole è pari alla morte.

Quando il parassita finisce sotto osservazione, “sotto la lente di ingrandimento”, come nei romanzi di Hoffmann, tutta la sua essenza viene illuminata e non può più occuparsi tranquillamente delle sue attività. È per questo che io sollevo questioni di questo tipo. E ora chiedetemi di nuovo: perché faccio questo?


Con la stessa edizione della newsletter è successa ancora un’altra storia curiosa. Il Centro Transurfing (http://tsurf.ru/) ha dato annuncio di un webinar [seminario online; N.d.T.] gratuito, cui si è inaspettatamente iscritto un gran numero di persone, al punto che si è dovuto chiudere la registrazione il giorno stesso per esuberanza di richieste. Di fatto, però, al webinar avrebbe poi preso parte una quantità altrettanto inaspettatamente bassa di persone. Interessato dalla causa di tale risultato (perché registrarsi per poi non partecipare?), il Centro Transurfing ha fatto un’inchiesta sui motivi della defezione, che si sono rivelati banali: qualcuno non aveva fatto in tempo, qualcun altro aveva confuso i fusi orari, era entrato nel webinar troppo presto o troppo tardi e poi non aveva tentato di riparteciparvi, altri avevano indicato indirizzi sbagliati e non erano poi stati invitati eccetera.


Tutto ciò è indice del fatto che le persone, nella maggior parte dei casi, dormono, agiscono letteralmente come in uno stato di torpore, non gestiscono la propria vita e la vita con loro accade. Non è difficile supporre che se il webinar fosse stato a pagamento, l’affluenza sarebbe stata assicurata. Ma possibile che solo i soldi siano in grado di attivare l’attenzione della gente? Se questa è la statistica tra i transurfer, cosa si può dire degli altri? Ho l’impressione che l’effetto “sonnolenza” stia velocemente prendendo vigore. Solo qualche anno fa la gente non era così addormentata. Persino nel business, che richiede uno stato di massima consapevolezza per il raggiungimento dei fini prefissati, si notano a volte dei ristagni di attenzione e delle fissazioni in meccanismi stereotipati.


Ad esempio, recentemente ho ricevuto una proposta di collaborazione da parte di un servizio di mailing commerciale. L’obiettivo era quello di trasferire la mia utenza da Subscribe.ru su questo nuovo servizio. Tuttavia, quando gli operatori di questo servizio hanno saputo che l’archivio degli indirizzi su Subscribe.ru non è disponibile agli autori delle newsletter (e io comunque non mi sarei permesso di fare un trasferimento su mia iniziativa senza il benestare degli iscritti), mi hanno proposto di pagare per gli articoli che avrei scritto e che loro si sarebbero occupati di diffondere. Quest’approccio mi ha reso perplesso perché il marchio Transurfing attira spontaneamente le persone e di conseguenza lavora sull’allargamento della base degli iscritti al servizio, fatto che di per sé è molto più prezioso del denaro che si può guadagnare sull’autore. Ma il discorso non è tanto questo. Dopo che mi sono rifiutato di collaborare a pagamento, lo stesso servizio mi ha comunicato quanto segue:


«Pubblicheremo i suoi articoli gratuitamente a condizione che lei non nomini i suoi prodotti». Capite come funziona il pensiero geniale dell’uomo d’affari? Come se la filosofia del Transurfing si potesse mettere in vetrina, in mezzo al salame e alle scarpe da ginnastica. Nei miei articoli avrei potuto parlare di una qualsiasi cosa astratta, ma non del prodotto Transurfing!


In questo caso, evidentemente, l’attenzione era occupata da una passione interamente assorbente: invece di avere l’intenzione di fare il primo passo di fronte allo specchio per fare in modo che l’immagine riflessa si muovesse incontro, si coglieva l’aspirazione ad afferrare a tutti i costi quest’immagine riflessa e ad attrarla a sé con forza. Una psicologia allontanatasi di poco dall’infantile: “Dammi!”. E al contempo il “terror panico” di fronte alla possibilità, non voglia Iddio, di far pubblicità gratuita.


Questo comportamento è sintomo di un’attenzione non libera, incapace di cogliere il senso del principio “rinunciate all’intenzione di ricevere, sostituitela con l’intenzione di dare e otterrete ciò cui avevate rinunciato”.


Io, per esempio, da questo punto di vista mi sento assolutamente libero, e non soffro di insonnia al pensiero che qualcuno possa guadagnare qualcosa grazie ai miei consigli. Prego, alla salute! Se consiglio qualcosa, lo faccio non con il fine di promuovere un certo prodotto ma semplicemente per facilitare agli altri la ricerca di risorse affidabili. E non capisco proprio perché tutti si preoccupino tanto del rischio di fare pubblicità gratuita.


Ancora un altro esempio dell’effetto-cattura dell’attenzione. Quando una compagnia di amici va a fare un picnic fuori città, cosa tende a fare per prima cosa? Apre le portiere della macchina e accende la radio a tutto volume. Sembra una cosa strana: invece di riposare dai rumori della città e ascoltare il silenzio del bosco e il canto degli uccelli, l’istinto è quello di ripristinare subito l’abituale fracasso. O forse sono tutti appassionati di musica e di notiziari?


Provate a confrontare l’uomo moderno con l’uomo che viveva mille anni fa, quando non c’erano né giornali, né cinema, né radio, né televisione, né internet, nè telefoni cellulari. Si tratta di persone completamente diverse! E la differenza principale non sta nel livello di intelligenza, cultura o istruzione. Il fatto è che l’uomo moderno soffre di dipendenza da informazioni, non è in grado di fare a meno di un flusso esterno di informazioni. È proprio questo flusso, generato dal sistema, a creare l’effetto della cattura dell’attenzione.


Potete credere di essere totalmente concentrati su quello di cui vi state occupando in un dato momento, ma in realtà solo una piccola frazione della vostra attenzione è attiva. La maggior parte di essa è invece collegata con un filo invisibile alla ragnatela di informazioni del sistema, è come se fosse già stata riservata dal flusso di gestione esterno, al pari di una cassetta di sicurezza in banca. Un’altra parte dell’attenzione, non meno significativa, è invece bloccata e si trova in uno stato di ibernazione. Il blocco è indotto dal cibo sintetico, che, come qualsiasi altro prodotto chimico, provoca uno stato alterato di coscienza di livello più o meno importante.


L’attenzione, e di conseguenza la consapevolezza, sono inoltre bloccate dal cibo morto, cioè sottoposto a trattamento termico. Questa scoperta fu fatta per la prima volta da Arnold Ehret, già all’inizio del secolo scorso. Ma nemmeno Ehret poteva supporre quale sarebbe stata l’influenza sulla coscienza del cibo sintetico.


Dunque, nella realtà di oggi si stanno manifestando due processi paralleli: la cattura e il blocco dell’attenzione. Si tratta di fenomeni che risultano essere parte integrante di un più complesso meccanismo di sviluppo del Sistema-matrix.


La coscienza tecnogena

In concomitanza con lo sviluppo della tecnica e delle tecnologie si deve formare una corrispondente coscienza tecnogena, o coscienza dei cyborg, se preferite. Le prime sono impossibili senza la seconda, è tutto intercorrelato. Se ti nutri di cibo sintetico, diventi un cyborg. Se diventi un cyborg, ti nutri di cibo sintetico. Per l’uomo questo significa una cosa sola: egli diventa una cellula di matrix, e quest’esito non è nient’affatto fantastico.

Perché di questo non si parla apertamente e chiaramente da nessuna parte? Perché, e ci siamo di nuovo, si inscrive in questa logica. In primo luogo, per il sistema questo tipo di informazione è controproducente; in secondo luogo, la consapevolezza delle persone è già fortemente bloccata, mentre l’attenzione viene costantemente catturata e convogliata verso aspetti secondari e di minore importanza. Che cosa si può contrapporre a questi processi? Molti, nel loro percorso di ricerca spirituale, approdano con speranza ad antichi insegnamenti e a pratiche esoteriche. In qualche modo questo può rappresentare un sostegno e una fonte di ispirazione, ma non si possono riporre particolari speranze su pratiche vecchie di mille anni, sviluppatesi in epoche in cui le persone erano molto diverse e vivevano in condizioni completamente differenti da quelle attuali.

Si può anche affinare la propria consapevolezza fino a raggiungere un livello superiore tramite un processo puramente mentale, attraverso il costante monitoraggio di se stessi, dei propri pensieri, delle proprie azioni e della realtà circostante. Tuttavia, educare costantemente se stessi e trovarsi perennemente in uno stato di allerta è piuttosto difficile, richiede una disciplina da Guerriero e notevoli sforzi di volontà. Non a tutti è dato, e ben pochi si impegnerebbero in tale approccio.

In considerazione di quanto sopra, la pratica di alimentazione naturale e possibilmente cruda (su cui ho iniziato a scrivere già nel 2005, nel mio libro Veršitel’ real’nosti [L’Arbitro della realtà; N.d.T.]), è la più semplice, naturale e allo stesso tempo efficace. Essa, come minimo, sblocca l’attenzione. La coscienza si rischiara e si libera davvero, per non parlare dell’aumento del tono generale, del potenziale energetico e della salute. Sono effetti confermati da tutti coloro che hanno capito il beneficio di questo tipo di alimentazione e l’hanno provato su di sé. È una cosa che richiede poco, solo capire e provare.

Recentemente i notiziari hanno parlato di una ragazza sofferente di una forma di disturbo ossessivo-compulsivo: era costretta a ripetere più volte la stessa azione insensata, per esempio contare i suoi passi o chiudere le porte. Si tratta di un grado estremo di cattura dell’attenzione da parte dei parassiti della coscienza. I medici la farciscono di psicofarmaci, ma invano. Questo tipo di “cure” serve solo a una cosa: trasformare la ragazza in un vegetale. Aiutarla veramente, invece, è molto semplice: basterebbe cambiare la sua dieta e proporle verdure fresche e soprattutto vegetali verdi in foglia. I parassiti delle sua coscienza se ne andrebbero da soli, senza alcuna necessità di psicofarmaci, né di psicoterapeuti. Purtroppo, con questi rimedi non posso aiutarla, perché non mi ascolterebbero. I dottori non capiscono neanche quello che fanno, perché anche la loro attenzione è catturata da fattori esterni. E questa situazione mette tristezza.

* * *

Il cielo fu oscurato dalla caligine della tempesta. Essa faceva volteggiare i vortici di neve, piangeva come un animale e ululava come un bambino. Non ho capito: la caligine o la tempesta? Vabbè, non importa. Gli animali e i bambini si infuriarono e gettarono sulla caligine delle fiaccole incandescenti. Dio, benedici gli animali e i bambini.

Chiedo ancora un briciolo della vostra attenzione, e ora parlo sul serio. Il fenomeno della cattura dell’attenzione è piuttosto grave, per non dire preoccupante. Ricordate come gli scrittori di fantascienza ci spaventavano con gli scenari di invasione della Terra da parte degli alieni? Può essere però che il pericolo (come succede spesso) provenga da una direzione completamente diversa, inaspettata. Si sa sin dai tempi antichi che tutto ciò che entra direttamente nell’uomo forma il suo corpo fisico, la sua coscienza e, di conseguenza, la sua realtà individuale. Dopo migliaia di anni, però, questo principio fondamentale si è trasformato in uno stereotipo così trito e ritrito da passare inosservato. Le persone se ne sono collettivamente dimenticate e si sono messe a ricercare nuovi segreti per migliorare la vita.

Non è forse strano che la maggior parte della gente non si chieda nemmeno cosa, come e perché mangi: mangia e basta. Il massimo di cui si preoccupa è che sia qualcosa di gustoso o almeno pratico. Ovviamente il livello di consapevolezza in questo discorso è diverso per tutti. Per esempio, immaginatevi una vecchietta che, per pura praticità, fa le scorte di pasta, farina bianca, farina integrale, margarina, olio raffinato, zucchero. Si tratta di ingredienti già di per sé inutili, che producono dei piatti finali ancor peggiori, cibo per torturati, malati, quelli che molti diventano dopo 40 anni, se non prima. Questo è un grado massimamente basso di consapevolezza: mangiare semplicemente quello che è commestibile. E la magra pensione qui non c’entra niente, perché con gli stessi soldi la vecchietta avrebbe potuto comprare molti più prodotti naturali.

Nella giovane casalinga che alla televisione guarda i programmi “di avanguardia” sulla corretta alimentazione, il grado di consapevolezza è più alto, ella già riflette su quello che mangia e mette in tavola alla famiglia. Tuttavia, molto di quello che viene reclamizzato dai mass media, in un modo o nell’altro, rappresenta gli interessi dei grossi produttori, ai quali, ovviamente, non interessa tanto la salute della nazione quanto qualcos’altro, sebbene ogni pubblicità parli di “prodotti sani e naturali”.

Prendiamo ad esempio uno dei prodotti più diffusi, la farina bianca. La consapevolezza della giovane casalinga non arriva a comprendere che la farina bianca (e i prodotti suoi derivati) è un prodotto sintetico, una gastronomia portata all’assurdo. La parte più preziosa del grano è contenuta nel germe e nell’involucro. La farina bianca di prima qualità si ottiene da un processo di raffinazione che elimina il germe e l’involucro, cioè la parte più utile del chicco di grano, e lascia solo la parte morta, costituita per lo più da amido e prevista dalla natura come riserva, una sorta di botte di grasso per il germe. Nutrirsi di prodotti di farina bianca di prima qualità è come comprare in negozio dell’amido e mangiarselo col cucchiaio per pranzo.

Del resto, non vale la pena di nutrire illusioni nemmeno verso il pane nero di segale. La gente non sa che la farina è un prodotto altamente deperibile. I tocoferoli (la vitamina E), le vitamine del gruppo B e altre sostanze nutrienti, a contatto con l’aria si ossidano molto rapidamente. La farina appena macinata perde rapidamente il suo aspetto commerciale, la consistenza necessaria, l’umidità e le altre proprietà necessarie per il suo uso nelle ricette. È ovvio che queste condizioni non sono vantaggiose né per i produttori né per i commercianti. Al fine di renderla un prodotto usabile, la farina viene sottoposta a un serio trattamento chimico. Ma questo, lo ripeto, lo sanno in pochi.

I cibi derivati dalla farina sintetica vengono prodotti sulla base dei lieviti termofili. Si tratta di una pratica che si è ampiamente diffusa in tempi recenti, negli anni della seconda guerra mondiale. Il lievito è più pratico dei fermenti naturali. Si aggiunge direttamente alla pasta e questa cresce. Ma che cos’è il lievito? Di fatto è una colonia di funghi, che hanno una vitalità paragonabile alla vitalità dei parassiti più pericolosi: non li uccidono neanche le alte temperature, da qui il loro nome, termofili.

E adesso immaginatevi che nel vostro organismo si è instaurato un essere alieno, un fungo, che risistema il vostro ambiente interno così come gli fa comodo. Per il momento si sa solo che i lieviti inibiscono la microflora simbiotica (e qui si spiega la popolarità, oggi senza precedenti, dei vari tipi di yogurt – di nuovo, sintetico! –, che teoricamente “ripristinerebbe” questa flora danneggiata). Sulle altre alterazioni degenerative si può giudicare solo sulla base del numero di morti per nuove malattie, e dei ricavi delle aziende farmaceutiche, poiché mancano studi specifici (non è redditizio rivelare la verità).

Cosa può fare una giovane casalinga trovandosi circondata ovunque da cibo morto sintetico?

Immaginate ora un’altra scena. Nella vostra cucina campeggia una meraviglia della tecnica, il mulino elettrico (può anche darsi che molti non sappiano dell’esistenza di una tale meraviglia). Questo significa che in qualsiasi momento potete macinarvi il grano da soli e preparare tutto quello che vi piace, dal pane alla pasticceria raffinata, con la sicurezza di star utilizzando una farina senza sostanze né additivi chimici e ricca delle sue sostanze benefiche. Vedrete allora il vero colore della farina, che non risulterà bianca, come l’amido, ma marrone, e arricchita dai preziosi frammenti dell’involucro e del germe di grano. Questa è l’autentica farina, quella che usavano i nostri antenati e che voi non avete mai visto.

In realtà, preparare un fermento naturale e cuocere il proprio pane non è affatto difficile, non più difficile che fare dei banali biscotti. Se poi vorrete ottenere un prodotto che faccia bene alla salute, dovrete prima far germinare il grano e poi essiccarlo, e anche quest’operazione non è così difficile. Il grano ecologico si può comprare senza problema (almeno, per il momento) nei negozi specializzati, od ordinarlo via internet. Sempre in internet si possono trovare tante ricette e gli indirizzi per acquistare il mulino elettrico. Quest’apparecchio diventerà il vostro preferito, quando capirete qual è la sua meraviglia e quanto vi libera dalla ghenga numerosa e insaziabile dei produttori di cibi sintetici. Ma per questo occorre che la Consapevolezza della giovane casalinga si sia elevata di almeno un gradino, capite?

P.S.: ops, a quanto pare ho di nuovo fatto pubblicità di qualcosa. Ma questa volta, a bella posta, non indicherò alcun indirizzo utile per l’acquisto del mulino elettrico. Chi vuole, lo potrà trovare nel libro Apokrifičeskij Transerfing [contenuto ne Il Transurfing vivo, cit.; N.d.T.] o in internet. Ma se a qualcuno serve proprio tanto e subito, mi potrà scrivere e io glielo spedirò. In gran segreto.


RIEPILOGO

  Se ti nutri di cibi sintetici, diventi un cyborg. Quando diventi un cyborg ti nutri di cibi sintetici.

  Il sistema convoglia sempre l’attenzione del singolo in direzione di cose secondarie e inconsistenti.

  Tutto quello che entra nell’uomo direttamente, forma il suo corpo fisico, la sua coscienza e di conseguenza anche la sua realtà.

  La maggior parte delle persone non si chiede nemmeno che cibo mangia, come e perché lo mangia. Mangia e basta.

  Nutrirsi con alimenti naturali e possibilmente vivi come minimo sblocca l’attenzione. La coscienza diventa chiara e libera, per non parlare poi dell’aumento del tono generale, del potenziale energetico e della salute.

NOTE A MARGINE

Guardatevi intorno: persone sonnolente, impotenti, malate comprano da mangiare nelle catene dei supermercati, perdono tempo nei meandri degli uffici sanitari locali, prestano cieco ascolto ai messaggi pubblicitari… L’umanità ha raggiunto un livello di idiozia tale da indurla ad autodistruggersi, a rovinare se stessa, non a causa dell’ambiente, ma direttamente, attraverso il cibo. Una stupidità difficile da aspettarsi da esseri che si ritengono ragionevoli.

L’artefatto d’intenzione

Vi propongo una tecnica potente, e tra l’altro antica, che nel contesto attuale di cattura e blocco dell’attenzione risulta essere assai utile.

Innanzitutto vi serve un certo attributo, che può essere un giocattolino, un souvenir, un talismano, un guanto… un qualsiasi oggettino che vi ispiri simpatia. Potrebbe anche essere il regalo di qualcuno o una cosa acquistata o fatta da voi, o trovata per caso e raccolta dopo aver conquistato la vostra attenzione.

La tecnica si riduce a un semplice rito “pagano”, da eseguire al mattino e alla sera. Dovete prendere in mano l’oggettino e dirgli: «Buongiorno (buona notte), mio caro. Ti voglio tanto bene e avrò cura di te, ma tu dovrai aiutarmi a realizzare il mio desiderio». Dopodiché dovrete pronunciare la vostra dichiarazione di intenzione riguardante ciò che volete raggiungere. Per esempio:

«Il mio mondo mi ama, il mio mondo si preoccupa di me, incontro la mia anima gemella (o sarà la mia anima gemella a trovarmi, come preferite), mi offrono un ottimo lavoro, realizzo brillantemente il mio progetto, mi si offre l’opportunità di avere una casa mia, trovo il mio fine, la mia attività è al massimo…» e così via, nominando ciò che più desiderate.

Un desiderio per ogni giocattolo. Se avete più di un desiderio, dovrete procurarvi oggettini diversi e “sussurrare” a ognuno la vostra dichiarazione. Quest’ultima dovrà essere espressa in modo sintetico, chiaro e preciso, in forma affermativa e al presente e non come preghiera o richiesta. Essa infatti verbalizza un’intenzione, e non deve contenere né condizioni né spiegazioni. Nel pronunciare la dichiarazione dovrete non desiderare, ma essere intenzionati. Siete intenzionati di fare e fate. Siete intenzionati di ricevere e ricevete. Se la dichiarazione viene formulata in modo corretto, vi sentirete invasi da un senso di sicurezza, di certezza di ottenere quello che avete chiesto.

Nonostante l’apparente semplicità e innocenza (o addirittura ingenuità), il gioco è piuttosto serio. Ora vi spiegherò come e perché funziona. Il suo meccanismo è basato su due funzioni: la prima, ovviamente, è il gancio dell’intenzione. Nella realtà di oggi le persone sono fortemente influenzate dall’effetto della cattura dell’attenzione, ragion per cui fissare l’intenzione sul fine diventa sempre più difficile. Potete osservarvi da soli nel vostro quotidiano e vedere quante sono le buone intenzioni che rinviate a un dopo, quanto spesso insorgono questioni urgenti e fattori di distrazione che vi impediscono di soffermarvi un minuto e concentrarvi sui vostri fini.

Questo rituale, da inglobare nel vostro regime orario obbligatorio, funziona invece come un “lazo”, obbligandovi a focalizzare la vostra attenzione su ciò su cui dovete assolutamente e sistematicamente fermarvi se volete ottenere dei risultati.

La seconda funzione non è così evidente, poiché giace nella sfera della metafisica ed è intangibile. Alla pari del mondo fisico, esiste un mondo altrettanto obiettivo ma invisibile, popolato da essenze sottili, reali come siamo noi. Questo mondo viene da noi percepito solo indirettamente, sotto forma di fenomeni paranormali. Del resto, analogamente, le essenze del mondo sottile percepiscono la nostra presenza solo in forma di riflessi, proiezioni fantasma di un’altra dimensione.

Immaginate che, durante degli scavi archeologici, nello strato antico di migliaia di anni scoprite un oggetto chiaramente innaturale, forse anche di origine extraterrestre. Davanti a questo reperto vi sentite letteralmente paralizzati, presi da un fremito che si può definire estatico, perché il termine “sorpresa” non è adatto, tanto è irreale ciò che vedete.

Un simile oggetto si chiama artefatto. Nell’enciclopedia gli viene data la definizione seguente: «Processo, oggetto, proprietà di un oggetto o di un processo, la cui comparsa per cause naturali nelle condizioni osservate è impossibile o altamente improbabile. È un segno di interferenza deliberata nel processo osservato, o di presenza di alcuni fattori trascurati».

Ebbene, allo stesso modo, un oggetto illuminato dall’intenzione si presenta alle essenze sottili come un artefatto, suscitando in loro una forte curiosità. Il mondo degli altri oggetti materiali che ci circondano per queste entità rimane invisibile. Noi, di regola, non attribuiamo importanza alle cose, non le investiamo di intenzione, ma le usiamo solo meccanicamente come utensili o accessori per la casa. L’unico anello universale che collega i nostri mondi è l’intenzione e l’amore.

Se si investe un oggetto materiale di intenzione, esso, da pezzo di materia senza vita, si trasforma in oggetto di Forza, che nel mondo sottile diventa già visibile. Per le entità sottili esso appare come un artefatto di intenzione recante in sé il segno di un intervento mirato proveniente da una qualche realtà parallela. Inoltre, se in esso viene riposto amore, l’artefatto comincia a brillare e ad attirare le entità sottili, come il nettare attira le farfalle. Queste entità indipendenti (non pendoli) sono tutte diverse, grandi e piccole, più o meno sviluppate. Non hanno un accesso diretto al nostro mondo, ma ne sono molto interessate, e se si presenta l’occasione, entrano volentieri in contatto. Nei miei libri precedenti ho già scritto che ognuno di noi è in grado di creare delle entità-fantasma, che può mantenere in vita con la forza dell’energia mentale.

Vi potrebbe anche accadere di attrarre e domare un’entità già matura, che diventerà il vostro alleato. L’artefatto d’intenzione, il vostro giocattolino, è un anello di congiunzione, una sorta di filo telefonico tra voi e il vostro alleato. Non importa in quale forma avverrà la vostra “comunicazione”: funzioneranno le regole che fisserete voi. Vi è solo richiesta un’attenzione più o meno costante e sistematica, e un rifornimento di energia d’intenzione e di amore. Un piccolo rituale mattutino e serale sarà più che sufficiente.

Dunque, quando portate a compimento il rituale con il vostro giocattolo, su di esso, come una farfalla su un fiore, si posa l’entità sottile, crogiolandosi ai caldi raggi del vostro amore e prestando ascolto con interesse alla vostra intenzione. E non è nemmeno importante se l’essenza capisce o meno quello che volete comunicarle. Essa si metterà ad ascoltare come si ascolta una storia o una canzone, e poi volerà via, portando ovunque, come un’eco, le parole: «Il mio mondo mi ama! Il mio mondo si preoccupa di me! Col mio sogno, ci incontreremo presto!». Questa eco altro non è che quell’additivo importante che migliorerà significativamente la vostra intenzione.


RIEPILOGO

  Se un oggetto materiale viene investito di intenzione, esso, da pezzo di materia senza vita, si trasforma in un oggetto di Forza, che nel mondo sottile già diventa visibile.

  L’artefatto d’intenzione è un anello di collegamento, una sorta di filo telefonico tra voi e il vostro alleato.

  La dichiarazione dev’essere formulata in modo conciso, chiaro e preciso, in forma affermativa, al presente o in un tempo continuato e non come richiesta o preghiera, ma come intenzione, senza condizioni né spiegazioni.

  Se la dichiarazione è formulata correttamente, verrete invasi da una sensazione caratteristica di sicurezza, di certezza di sapere che otterrete il vostro, ciò che avete desiderato.

  Questo rituale fissa l’attenzione sul fine.

NOTE A MARGINE

I miei libri, e soprattutto questo, sono delle entità assolutamente indipendenti, delle personalità autonome. E queste personalità sono più forti di me. Esse si scrivono da sole, non sono io a farlo. E si scrivono così come vogliono loro, e non come io vorrei. E poi, quasi per beffa, cominciano a comandare. I redattori della casa editrice mi hanno raccontato che, quando arriva un mio libro, esso comincia a riorganizzare il loro orario a suo piacimento, come se fosse un capo.

Negli ultimi sei mesi di lavoro su questo libro mi trovavo in uno stato che mi faceva dire: «Ecco, siamo alla fine». E invece no. Sopraggiungeva qualche nuova Forza che avanzava ancora delle questioni, costringendo a lavorarci su. Questo libro è esso stesso un oggetto di Forza, un artefatto di Forza, ne sono assolutamente sicuro. Mi ritengo un esecutore mediocre ma il libro non mi dava tregua, mi prendeva sempre per la collottola e mi faceva lavorare fino a che non arrivava a spremermi fuori tutto quello che gli serviva.

Un segreto spaventoso

Il capitolo L’artefatto d’intenzione era stato pubblicato come newsletter. Qui rispondo ad alcune domande, continuando il tema della cattura dell’intenzione.

«La tecnica che lei ha descritto non si differenzia in nulla dai rituali sciamanici. Lei non è mai stato in grado di dire qualcosa di nuovo, né prima, né adesso».

Ma quando mai ho affermato di rivelare qualcosa di nuovo? Mi scusi, ma forse è il contrario. Ho sempre chiamato il Transurfing una conoscenza antica, che, tra l’altro, è nota a molti e senza tanti libri, giacché molti di noi sono anime antiche.

Ma lei non ha ancora capito che tutti scrivono della stessa cosa, a cominciare dagli antichi Veda per finire con Elena Petrovna Blavatskaja? Degli autori contemporanei non parlo nemmeno. Nel nostro mondo non c’è nulla di nuovo, perché questo mondo è già abbastanza vecchio.

Le svelerò un segreto spaventoso, ma non lo dica a nessuno! Non si tratta del nuovo che l’uno o l’altro autore può rivelare a lei personalmente, ma del nuovo che lei stessa è in grado di scoprire per sé leggendo autori diversi. Lei può affrontare con lo stesso successo un serio trattato filosofico o una storia di poche pretese, perché il risultato, fondamentalmente, dipende non dalla fonte di informazione esterna ma da quali pensieri le volteggiano in testa mentre sta leggendo quelle pagine.

La domanda doveva essere formulata in modo diverso: «Nel leggere il suo testo, non ho scoperto nulla di nuovo». E, più avanti, una serie di precisazioni:

1. “Nuovo in senso generale o nuovo per me?”. Lei si renderà conto che si tratta di cose completamente diverse.

2. “Perché non ho scoperto nulla di nuovo?”. Di chi è la colpa, mia o dell’autore?

3. “A cosa stavo pensando nel momento in cui leggevo il testo?”. Forse al fatto che lei è molto intelligente e sa tutto?

4. «Come funzionava il mio intelletto mentre leggevo il testo?».

Quest’ultima precisazione è assai significativa. Abbiamo già discusso sul fatto che l’uomo medio moderno è più consumatore che creatore di informazione. Nel nostro mondo sono poche le persone coinvolte nel processo di creazione di informazione, meno dell’1% della popolazione. Tutte le altre consumano solamente. E anche coloro che creano risultano a loro volta dei consumatori. In che senso?

Provate a immaginare questa scena, un po’ esagerata. Al cinema è seduto un organismo cibernetico (supponiamo che si sia già imparato a farli) in grado di eseguire due semplicissime funzioni: inghiottire popcorn e far lampeggiare le sue lucine in risposta agli effetti esterni visivi e uditivi. Quando il cyborg guarda semplicemente il film, senza pensare a nulla, e mastica il popcorn, nel suo organismo si svolgono due processi.

Primo processo: il popcorn entra attraverso un orifizio e si muove in direzione di un altro, venendo al contempo sottoposto ad alcune metamorfosi digestive.

Secondo processo: allo stesso modo, negli orifizi adiacenti entrano le informazioni, che fanno girare di conseguenza qualche ingranaggio (registrando una reazione di entusiasmo del tipo “Wow! Pazzesco!”) e lampeggiare le lucine esterne.

I processi sembrerebbero diversi, ma la sostanza è la medesima: sia il popcorn che le informazioni entrano ed escono, semplicemente, senza generare alcun cambiamento e tanto meno ispirare creazioni e illuminazioni.

Non voglio affatto dire che guardare film e leggere libri solo per divertimento non abbia senso. Tutto ha un senso, se viene fatto consapevolmente. Ma se gli ingranaggi sono impostati solo sul consumo di informazione, espellere dal proprio orifizio di uscita delle conclusioni critiche, del tipo “non è nuovo, è poco interessante, non è degno della mia persona” è come minimo anti-estetico.

Se una persona, dopo aver letto un libro, dichiara di non avervi trovato nulla di nuovo, siamo in grado di ritenere con assoluta certezza che si tratti di un consumatore primitivo. E non di un creatore e certamente non di un artefice. Perché imparare qualcosa di nuovo dalle parole di altre persone non è né un conseguimento, né una creazione. Conseguire e creare avviene quando, sfogliando vecchie pagine, si fanno nuove scoperte da soli. In questo caso ogni desiderio di criticare, al pari di lasciare un segno su un palo, scomparirebbe completamente, perché l’intenzione sarebbe occupata da tutt’altro e la mente funzionerebbe a un regime completamente diverso.

Ora chiariamo un po’ cosa c’è di nuovo nella tecnica “l’artefatto d’intenzione”. In effetti, una tecnica simile veniva e viene utilizzata dai pagani, dai maghi, così come dai bambini. Ma, nonostante l’apparente somiglianza, queste tecniche, in sostanza, sono diverse.

In breve, le differenze sono le seguenti. I maghi ripongono nei loro artefatti l’intenzione, trasformandoli in amuleti, talismani e in altri oggetti di Forza. L’intenzione funziona in modo piuttosto efficace. Nei pagani non si tratta più di intenzione, ma di richiesta, supplica, fede, speranza, culto e paura. È ovvio che una tecnica basata sulla fede mista a reverenza è molto più debole. I bambini non hanno né fede, né intenzione, ma hanno amore. Essi semplicemente amano i loro animaletti senza chiedere nulla in cambio e senza dar loro troppa importanza.

Nella tecnica “l’artefatto dell’intenzione” viene usata una doppia forza, quella dell’intenzione e quella dell’amore.

Credo che non servano ulteriori spiegazioni. Si tratta solo di capire quanto volete e quanto amore siete in grado di investire in un oggettino. Ovviamente l’amore sarebbe indirizzato non all’oggettino stesso ma all’essenza che vi sta dietro. E non è sentimentalismo, come può sembrare, ma una sorta di “amore di calcolo”, poiché, in un modo o nell’altro, confidate nell’aiuto da parte dell’essenza cui vi rivolgete per il tramite del giocattolino. Pur non trattandosi di un amore veramente “puro”, anche questo possiede una forza sufficiente. Di solito cominciamo ad amare le persone di cui ci occupiamo, e anche voi, dandogli un’attenzione particolare, vi occupereste del vostro giocattolino. E poi, come non amarlo, se è così tenero, sempre pronto ad ascoltare le mie favole e le mie canzoncine, sempre pronto ad aiutarmi senza voler nulla tranne qualche goccia di attenzione.

Tuttavia, ripeto, questa tecnica non è adatta a tutti, dipende dalla mentalità e dal carattere di ciascuno. Se essa non si inscrive nella sfera del vostro benessere, non preoccupatevi, consideratelo una cosa normale e provate altre tecniche.

«Se l’artefatto dopo un po’ di tempo realizza la mia intenzione, devo lasciarlo e cercarmene un altro per sostenere un altro nuovo fine? In altre parole, è multiuso?».

Forse che l’eco è “monouso”? Forse che il lettore di musica serve per un solo disco? Ovviamente una stessa essenza potrà all’inizio trasmettere un’intenzione e poi passare a un’altra, perché funziona come un’eco, o meglio, come una lucciola che svolazza per il mondo sottile irradiando la dichiarazione della vostra intenzione come un programma, un segnale radio. Quello che vi viene richiesto è solo precisione e consequenzialità, per non confondere né l’essenza, né voi stessi.

«Cosa fare con l’oggetto di Forza, con l’Alleato, quando il fine è stato raggiunto? Smettere di prestargli attenzione e dargli amore? Se fosse così sarebbe difficile, perché l’oggettino diventa caro come un figlio, tanto più se è stato trovato e non creato».

Quando il programma è stato completato, passate a un altro con lo stesso oggetto di Forza. Per il resto, capirete da soli. Siamo responsabili di coloro che addomestichiamo. Per esempio, se il vostro animale domestico non è più “stimolante”, decidere cosa farne ricade sulla vostra coscienza. Certo, le essenze del mondo sottile non si manifestano in modo così chiaro come gli abitanti del mondo materiale. È difficile dire cosa può succedere a un’essenza dopo che la si è lasciata. Essa può spegnersi, svanire, oppure può iniziare a vivere una sua vita. Non sono stati condotti studi su quest’aspetto. Però, anche le persone si lasciano e cominciano a vivere una loro vita. Tutto può succedere. Comunque sia, la decisione spetta solo a voi. Consiglio unicamente di non farsi troppi alleati, per non avere in futuro troppi oneri.


RIEPILOGO

  Le conoscenze che si possono ricavare da un libro, dipendono fondamentalmente non dal suo contenuto, ma da quello che il lettore stesso è in grado di scoprire per sé, nel libro.

  Imparare qualcosa di nuovo dalle parole dette da altri non è né un conseguimento, né una creazione. Il conseguimento e la creazione avvengono quando, sfogliando vecchie pagine, fate nuove scoperte da soli.

NOTE A MARGINE

L’oggetto di Forza per questo libro è il quadro riprodotto in copertina. L’autrice è un’artista di Londra, ARINA (Arina Gordienko). È stata Arina stessa a propormi di creare un bel vestito per il mio libro, e di questo le sono molto grato. Il suo quadro non è semplicemente bello. Potete forse notare che la Sacerdotessa in esso raffigurata è la perfezione stessa. È viva, mentre il cubo del sistema è morto e inquietante. È fuor di dubbio che il quadro porti il marchio della Forza. Si può fare la conoscenza dell’arte di Arina nel suo sito http://www.arina-art.com/.

Freddo e fame1

Mi arrivano spesso lettere contenenti domande di questo tipo:

«Dove trovare cibo vivo in inverno? Non so proprio cosa fare!».

Sì. Freddo e fame. Freddo perché si ha fame e fame perché si ha freddo. Non c’è un filo d’erba, bisogna cercare il cibo sotto il manto di neve.

Mentre scrivevo queste righe era pieno inverno, ma il tempo aveva inaspettatamente fatto un inchino ed era venuta a fare un salto da noi la primavera. I germogli di tulipani e di tarassaco avevano fatto capolino, pensando che l’inverno fosse già alle spalle. Ma invano avevano avuto questo pensiero. Era successo così che, senza volerlo, ero stato io a spaventare l’inverno. O forse non l’avevo proprio spaventato, ma confuso, insomma non lo so. Solo che è davvero successa una cosa strana.

Quest’inverno da noi è caduta tanta neve, fatto tutt’altro che tipico per la zona in cui vivo. In casa non avevo nemmeno gli sci, perché la neve di solito da noi è poca e non rimane a lungo. Invece quest’inverno, fin dall’inizio di dicembre, dovevo ogni mattina prendere in mano la pala e spalare. Alla fine mi sono stancato, così ho preso una decisione: basta, adesso vado a comprarmi gli sci. La mia famiglia ha accolto l’idea con grande scetticismo, ma io sono stato irremovibile. Il problema stava anche nel fatto che nella nostra zona nessuno scia2, ragion per cui non si trovano sci nei negozi sportivi. Io, però, ero già sul piede di guerra contro l’inverno e non avevo dubbi circa il fatto che avrei trovato gli sci che mi servivano. O il Transurfing non avrebbe funzionato?!?

Iniziai la mia ricerca con una grave violazione dei princìpi stessi del Transurfing (ricadute di questo tipo mi succedono spesso, dato che la maggior parte della mia vita si è svolta all’insegna dell’anti-Transurfing). Ragionavo in questo modo: nel negozio vicino, a fianco di casa, sci non ce ne dovrebbero essere, perché non è possibile (ammesso che sia possibile la loro presenza nella nostra città). La ricerca degli sci dovrà essere necessariamente lunga e difficile, e a trovarli sarà solo colui che è più intelligente di tutti gli altri, colui che sa che gli sci lo potranno aspettare solo nel negozio specializzato più lontano. Ed essi spetteranno solo a colui che avrà superato ogni difficoltà e privazione sulle strade innevate, a colui che avrà bevuto l’amaro calice della delusione derivante da una ricerca infruttuosa.

Così fu (del resto, l’avevo ordinato io). Dopo che la mia faticosa escursione per tutta la città non fu coronata da alcun successo, entrai senz’alcuna speranza nel negozietto vicino a casa, dove gli sci mi stavano aspettando, belli e pronti, riservati apposta per me.

Portai gli sci a casa e li piazzai in bella vista, come spaventapasseri.

Il giorno successivo piovve e la neve cominciò a sciogliersi. Tutto è successo due settimane fa, e la pioggia continua da allora. Non abbiamo visto nemmeno il “gelo del battesimo” [kreščenskie morozy...]3. Per questo i vegetali più inquieti si sono immaginati che la primavera fosse arrivata e hanno pensato di svegliarsi sul serio.

Ora, però, ho un altro problema. Penso… e adesso cosa faccio? O nascondo velocemente gli sci nello sgabuzzino, così l’inverno ritorna e ricopre di neve questi sciocchi vegetali, oppure aspetto l’inverno al varco e non appena si avvicina corro a comprarmi i pattini da ghiaccio. E magari il bastone da hockey, visto che non ce l’ho. A dire il vero sono tante le cose con cui ci si potrebbe equipaggiare. Mah, ci devo pensare, ancora non so. Chi vivrà, vedrà.

Qualcosa di simile mi era accaduto anche prima, a Hong Kong, per esempio, dove sono stato invitato alla presentazione dei miei libri. Sapevo che sarei andato là nella stagione delle piogge e per questo mi ero equipaggiato di un ampio ombrello. In tutti i giorni in cui mi trovavo lì, però, non ci fu pioggia. I nostri amici di Hong Kong si chiedevano, stupiti: «Ma cosa sta succedendo? Non piove perché c’è Zeland con noi?». «No» risposi, «perché c’è il mio ombrello».

Ma ritorniamo ora alla ricerca del cibo. Di fatto, se non avete idea di cosa mangiare in inverno, per voi non è ancora venuto il momento di passare a un’alimentazione viva al 100%. Non siete ancora in tema. Dovrete solo interessarvi di più di cibo vivo e di tutto ciò che ad esso è connesso. In internet e nei libri potete trovare molte informazioni scritte da persone che hanno già maturato una preziosa esperienza in questo campo.

Non consiglio solo di credere a tutto quello che si dice sul cibo alla televisione, in particolare sul cibo vivo. Di questo amano discutere, di regola, proprio quelle persone che non ne hanno esperienza alcuna. I mass media più importanti, sempre, in un modo o nell’altro, lavorano a vantaggio di grandi produttori e commercianti. Quando si rivela una qualche “dura verità sul cibo”, chiedetevi: per chi è vantaggioso questo programma televisivo?

Se si scende in mezzo al pubblico, si può vedere che spettacolo divertente viene messo in scena: se per questa “dura verità” soffrono i produttori, allora vince la medicina, se vengono compromessi gli interessi dell’industria cosmetica, crescono in classifica i prodotti farmaceutici, se in un certo momento vengono pubblicamente battuti alcuni commercianti, allo stesso tempo ne trionfano degli altri, e così via, in combinazioni diverse. È in atto una battaglia senza fine tra grandi pendoli, una battaglia intesa a conquistare noi, acquirenti e consumatori. È nostro compito non inserirci in questa battaglia e non inghiottire l’esca, ma osservare da lontano, come si guarda uno spettacolo circense, rendendosi conto che si tratta di un circo.

Se non sapete che cosa mangiare o di cosa nutrirvi senza violare alcuna regola, fate una cosa semplice: permettetevi di violare la regola.

In questo caso sarebbe saggio farsi guidare dai seguenti princìpi:

1. Se non siete pienamente certi di voler e poter mangiare solo ed esclusivamente cibi vegetali freschi e vivi, vi conviene fissarvi dei limiti flessibili, per esempio nutrirvi di cibi prevalentemente vivi, concedendovi delle eccezioni in questa fase.

2. Se fate delle eccezioni, conviene dare la preferenza a quei prodotti che contengono veramente qualcosa di utile e prezioso, e non sono semplicemente commestibili.

3. Utile e prezioso si può considerare quel cibo che, essendo caratterizzato da un alto contenuto nutritivo, è in grado di depurare l’organismo, non di intasarlo.

4. Agire non in base al principio della rinuncia, ma in base a quello della sostituzione di alcuni prodotti con altri, più benefici.

5. E non dimenticarsi del principio fondamentale: il passaggio a un’alimentazione vegetariana viva dev’essere graduale, deve corrispondere al proprio grado di maturazione e non essere il prezzo di sforzi di volontà o allenamenti emotivi.

Il terzo principio necessita di un commento. I prodotti atti più a depurare che a intasare l’organismo ci sono, a dire il vero, anche nel cibo morto. Si tratta, innanzitutto, di germogli di cereali e leguminose. Crudi, essi manifestano le loro qualità al massimo, ma anche cotti fanno bene.

Ad esempio, i germogli di fagioli mung e di ceci purificano l’organismo a tutti i livelli, dalle cellule ai sistemi di filtraggio, possedendo inoltre un elevato valore nutritivo. Cucinarli è molto semplice. Bisogna prima setacciarli (a volte ci sono sassolini), poi coprirli con acqua e lasciarli a riposo per una notte. Al mattino bisogna metterli in uno scolapasta, coprirli con quattro strati di garza umida e metterli in un luogo caldo. La sera bisogna far bollire dell’acqua, aggiungerci una foglia di alloro, del pepe in grani e dei chiodi di garofano, gettare i germogli nell’acqua bollente e farli cuocere per 3-5 minuti. Dopo averli scolati, bisogna aggiungere dell’olio di zucca o di cedro (siberiano), eventualmente anche un po’ di sale e della salsa adzhika naturale (senza pomodori). Il piatto che si ottiene ha un valore nutrizionale superiore a quello della carne, e dalle proprietà depurative seconde solo ai germogli vivi.

Il “boršč” vegetariano4 appena preparato ha, per quanto strano possa sembrare, un potenziale ossido-riduttivo confrontabile a quello dell’acqua viva. Certo, non me la sento di consigliare il boršč bollito nel brodo di carne, però quello vegetariano sì. Se a qualcuno sembrasse troppo insipido, si possono aggiungere dei pomodori soffritti in padella con dell’aglio, mentre il cavolo previsto dalla ricetta può essere in parte fresco e in parte acido, per un maggior gusto. Tutte le verdure devono venir bollite fino a metà cottura, non di più. Anche questo è un piatto prezioso e benefico, seppur cucinato.

Un altro cibo molto utile e dimenticato è la rapa, col suo elevato contenuto di calcio, ferro e potassio. Per contenuto di vitamina C la rapa supera persino il limone. Contiene molto fosforo e magnesio ed è ottima nella prevenzione del cancro, per rafforzare i denti e lo scheletro e per la depurazione e la cura del tratto gastrointestinale. È conosciuta come “il cibo dei costruttori delle piramidi” grazie al suo alto valore nutritivo.

Nessuno può dire con certezza se le piramidi siano state costruite “col sudore della fronte”, ma anche in Egitto, così come in Russia, fino alla diffusione delle patate le rape erano uno degli alimenti di base. Poi, con lo sviluppo della civiltà industriale e dell’idiozia generale, molti prodotti preziosi sono finiti nel dimenticatoio. Se al mercato riuscite a trovare qualche vecchietta5 che vende rape, consideratevi fortunati. Per fortuna le persone che capiscono abbastanza di queste cose non si sono ancora estinte, però sono molto poche.

Se in inverno volete mangiare qualcosa di denso e caldo, provate a cuocere a vapore una rapa (se avete la fortuna di trovarla), magari anche con una patata, e cinque minuti prima di fine cottura aggiungete alcune cipolle. Sia la frutta che la verdura vanno mangiate con la buccia (con rare eccezioni, ad esempio banane e agrumi), perché essa contiene le sostanze necessarie per la completa digestione del frutto cui appartiene. Bisogna però sapere che le patate invernali vecchie devono essere mondate dalla buccia: in essa si accumulano le sostanze tossiche. La buccia della rapa vecchia può anche essere lasciata, mentre le zone verdi sia delle rape che delle patate vanno sempre tagliate.

Non stiamo parlando qui di cibo vivo vero e proprio ma delle eccezioni e delle aggiunte ammissibili in un regime tendenzialmente crudista. Il senso è che, se proprio si vuole violare il regime di alimentazione a base di cibi crudi e vivi, allora bisogna farlo con la testa, con perdite minime e massimo vantaggio per l’organismo. Ad esempio, le “kaše” (pappette) di cereali possono venir sostituite da germogli di leguminose, mentre al posto delle patate si possono mangiare rape. Un altro prodotto esclusivo in questo senso è il cosiddetto riso selvatico, una pianta che, a parte la somiglianza esterna, col riso non c’entra niente.

A suo tempo il riso selvatico era uno dei prodotti più importanti per gli indiani del Nord America (come l’amaranto per i Maya e gli Aztechi). Fa benissimo all’organismo: migliora la vista, la reazione e infonde una forte carica di energia. Tonifica molto bene ed equilibra il sistema nervoso. È ricco di proteine ed è un forte afrodisiaco: con lo stesso successo si possono mangiare sia ostriche che riso selvatico.

Viene preparato in diversi modi, a seconda della specie. Il principio generale è il seguente. Prima bisogna immergerlo in acqua per un’ora, meglio se per una notte, se non si deforma (far germogliare il riso selvatico, purtroppo, non è possibile, perché di solito è sottoposto a un trattamento ad alta temperatura per garantire una lunga conservazione). Poi va cotto per 20-25 minuti (il rapporto tra acqua e riso è di 3:1). Nella pentola di cottura esso va poi avvolto in una coperta per due ore. Lo si può condire con salsa di soia (se ne trovate senza glutammato) e olio di cedro siberiano.

Trovare il riso selvatico sul mercato non è facile, per la stessa ragione di cui si diceva per la rapa: la gente, nella maggior parte dei casi, non capisce nulla di cibo, non sa niente e non vuole sapere niente. Mangia semplicemente ciò che è commestibile. Ecco perché dico che, avvicinandosi a questa nuova pratica del Transurfing, ovverossia alimentandosi con cibo naturale e vivo, si entra in un club d’élite.

Di solito il riso selvatico è venduto nelle boutique gourmet, ma anche in internet lo si può trovare.

Per quanto riguarda gli ortaggi di serra e i vegetali verdi in foglia, in inverno è meglio non cibarsene e focalizzarsi invece sulle alghe e sui crauti bianchi. Le colture di serra sono di gran lunga inferiori a quelle naturali per contenuto di sostanze nutritive, e le si può consumare sistematicamente solo se siete sicuri che sono state coltivate senza ricorrere all’uso di fertilizzanti chimici. A volte ci si può anche vezzeggiare con gli ortaggi del supermercato, non ne verrà un gran danno. Però bisogna evitare i prodotti provenienti da Paesi extra-UE perché si corre il rischio di incappare in OGM.

Per quanto riguarda la frutta, è preferibile comprare quella di stagione e di coltivazioni biologiche. Ad esempio, le banane, le arance, i mandarini, i limoni, l’ananas e altri tipi di frutta possono essere consumati senza gran timore se hanno un aspetto, un profumo e un gusto naturali. Le banane biologiche (come anche altri tipi di frutta) di solito deperiscono presto, coprendosi di macchie scure.

Le verdure surgelate (non precedentemente sbollentate) e i frutti di bosco sono un alimento più che accettabile per l’inverno. Con i frutti di bosco si può fare un ottimo piatto che io chiamo yogurt vivo, essendo pienamente all’altezza del suo nome per una serie di proprietà benefiche, a differenza dei surrogati venduti al supermercato. Ecco la ricetta.

Frutti di bosco surgelati: 300-400 g

Mele: 2-3 pezzi

Banane: 2-3 pezzi

Tè delle Curili: 2 cucchiaini abbondanti

Polline di fiori: 5 cucchiai da tavola

Polline di api: 1 cucchiaio da tavola

Acqua: 2 bicchieri

Scongelare le bacche (ribes, mirtilli, fragole o anche mezzo ananas). Affettare le mele lasciandoci i semi. Mescolare il polline di fiori e di api con un po’ di miele, come indicato nelle ricette sistematizzanti (vedi il libro Il Transurfing Vivo, cit.).

Il tè delle Curili è un’erba essiccata, nota per essere uno dei migliori rimedi contro la disbiosi. (La disbiosi, o disbatteriosi, è una forma di alterazione della microflora intestinale causata dall’ingestione di pane lievitato, cibi sintetici e morti. Praticamente l’intera popolazione mondiale soffre di disbiosi, che si manifesta in forma di scarsa immunità e di patologie del tratto gastrointestinale. La persona mangia molto, ma il suo organismo assimila una minima parte delle sostanze nutritive).

Dunque, tutti gli ingredienti vanno messi nel frullatore e frullati per bene. Il risultato è un prodotto di alto valore nutrizionale: 400-500 g saranno sufficienti per una prima colazione sostanziosa e salutare per ogni giorno dell’inverno. Questo yogurt vivo è particolarmente prezioso per i bambini e gli atleti.

Ed ecco un’altra ricetta, ottima per la depurazione del fegato e dell’intestino ed estremamente benefica: aumenta il tono fisico generale e fornisce all’organismo tutte le sostanze necessarie.

Chicchi di grano: 200 g

Banane: 3 pz

Olio di cardo: 5 cucchiai da tavola

Far germogliare i chicchi di grano (vedi “Le ricette sistematizzanti” ne Il Transurfing vivo). Sminuzzare in un tritacarne a grana fine prima le banane, poi i germogli di grano. Aggiungere l’olio di cardo e mescolare. È un cibo benefico, gustoso, da consumare come piatto singolo e da non mescolare con altro (è una ricetta presa a prestito dalla compagnia, Tinjatov-http://www.tiniatov.ru).

E in conclusione la ricetta di una bevanda. Il deficit di vegetali verdi in foglia in inverno può essere compensato non solo dalle alghe, ma anche da infusioni con erbe essiccate.

Tè delle Curili: 1 cucchiaio colmo

Epilobio: 1 cucchiaio colmo

Hibiscus (rosa sudanese): 1 cucchiaio colmo

Bacche di rosa canina: 3-4 cucchiai colmi

Bacche di sorbo o di biancospino: 1 cucchiaio colmo

Acqua viva: 1 l

Macinare la rosa canina in un macinino da caffè. Immergere tutti gli ingredienti in acqua fredda (meglio se viva e attivata), mescolarli e lasciare a riposo per alcune ore durante il giorno o per una notte. Conservare in frigo, per evitare che acidifichi. Bevanda deliziosa da consumare con il miele. È comoda da preparare nella teiera a stantuffo da 1 l, ma tutte le parti dello stantuffo devono essere metalliche, diversamente risulta difficile filtrare l’infusione. Le erbe essicate si possono comprare qui: http://www.taiga.etnoshop.net.

Tutte le bacche, ovviamente, vanno essicate a temperatura ambiente, ed è meglio svolgere quest’operazione da soli per essere sicuri della qualità. Per me è inconcepibile essiccare, come fanno molti, le bacche di rosa canina in forno, versarci dell’acqua bollente (magari anche metterle in un thermos), e poi bere quest’infuso facendo finta che si tratti di una bevanda ricca di vitamina C. Che cosa può rimanere di prezioso dopo un trattamento del genere? Forse solo la pectina… È un procedimento assurdo come fare lo sciroppo di rosa canina per evaporazione e poi, non rimanendo vitamine naturali, aggiungerci delle vitamine artificiali. Però molti si impegnano in queste operazioni con la massima serietà, addirittura su basi “scientifiche”.

In generale, quello che voglio dire è che non c’è motivo di soffrire la fame se si hanno le informazioni giuste e si sa dove cercare il cibo. E per saperlo basta solo porsi questo fine. Buona caccia!


RIEPILOGO

  Se non avete idea di che cosa mangiare in inverno, allora per voi è prematuro passare a un regime composto al 100% di cibo vivo. Non abbiate fretta, muovetevi gradualmente. Potete nutrirvi per lo più di cibo vivo, ammettendo delle eccezioni.

  Occorre dare la preferenza a quei prodotti che contengono davvero qualcosa di benefico e prezioso, e non mangiare solo ciò che è commestibile.

  Benefico e prezioso può essere considerato quel cibo che, avendo un alto valore nutrizionale, è in grado di depurare e non intasare l’organismo.

  Non bisogna seguire il principio della rinuncia ma quello della sostituzione di alcuni prodotti con altri, più preziosi.

  Il passaggio a un regime vegetariano a base di cibi vivi dev’essere graduale, deve corrispondere al livello di maturità raggiunta e non essere il risultato di sforzi di volontà e di allenamenti emotivi.

NOTE A MARGINE

In qualsiasi stagione dell’anno i germogli sono la base dell’alimentazione viva. Consumando i germogli si risolvono subito i problemi più impellenti:

Di che cosa cibarsi in inverno?

Con che cosa compensare il deficit di proteine?

Come sopperire al fabbisogno di vitamine e amminoacidi?

Come nutrirsi in generale, se ovunque si è circondati da prodotti chimici e OGM?

Il vantaggio dei germogli sta nel fatto che il loro valore nutritivo è di gran lunga superiore a quello dei semi dormienti. I semi in germinazione, per definizione non contengono OGM. Essi contengono tutte le sostanze di cui necessita l’organismo e che in precedenza provenivano o, non provenivano, da cibi di orgine animale. Una preziosa riserva di vegetali verdi si può ottenere anche in inverno, coltivando il grano in vasi posti sul davanzale. Maggiori informazioni sui germogli si possono trovare nel libro di Natalija Kairos Prorostki – živaja eda. Alchimija pitanija. (I germogli: un cibo vivo. L’alchimia dell’alimentazione).

Sui topi e sulle volpi

Continuo nell’opera di sistematizzazione delle tante domande che provengono dai lettori. Per cominciare se ne possono considerare due tra le più fondamentali.

La prima: «Perché mentre si leggono i suoi libri si provano euforia ed eccitazione e poi queste sensazioni se ne vanno, passano?».

E perché me lo chiedete? Ora saprete la risposta che vi sembrerà tanto semplice quanto poco evidente.

Allora: dove va a finire l’euforia, perché sparisce? Sparisce perché mentre leggete il libro vi viene dimostrato che la realtà può essere gestita come un sogno lucido. Ma quando lasciate il libro e vi immergete in questa stessa realtà, vi diventa chiaro che non è così facile come sembra. Vi trovate una volta di più nello stesso sogno inconscio di prima, quello che gestisce voi. Da un sogno (il libro) siete saltati a un altro sogno (la realtà), che non è già così roseo.

La risposta è chiara? Dunque, è tutto molto semplice. Ma non è così evidente. In caso contrario, se fosse stato evidente, non vi sareste posti questa domanda, giusto? È solo ora, che ho spiegato tutto con parole esplicite, che tutto è diventato definitivamente chiaro. Ma cosa c’era prima di queste parole? Nebbia in testa, ecco cosa c’era. Ho ragione? Oppure no? Certo, dipende dalle persone. Ognuno ha il proprio livello di consapevolezza e di Forza. Ed è proprio di questo che stiamo parlando.

Ricordate come succedeva quando, dopo aver visto un film che vi aveva particolarmente ispirato e caricato, vi dicevate, assolutamente convinti: “Anch’io posso fare così! D’ora in poi diventerò un altro/un’altra! Farò come lui/lei!”.

Ma dopo poco tempo ricadevate nello stesso sogno di prima, infantile e impotente, e tutte le promesse che avevate giurato di mantenere si dissolvevano, finivano da qualche parte, sciolte, come l’euforia di cui si diceva sopra.

La seconda domanda fondamentale (che poi è forse la prima) è: «Perché in generale sorgono le domande?». Sembrerebbe che i libri soddisfino ogni quesito, in essi è tutto scritto in modo comprensibile. Però le domande emergono, non si capisce da dove, e sono sempre nuove.

La risposta è la seguente: le domande sorgono perché non siete in grado di controllare il vostro sogno a occhi aperti, cioè la vostra realtà. Se vi riuscisse, non sorgerebbe alcuna domanda, vero?

E perché non ci riuscite? Come abbiamo visto in precedenza, l’uomo contemporaneo è più consumatore di informazioni che creatore. Se siete dei ricevitori, significa che state guardando il film di qualcun altro. Se invece siete dei trasmettitori, create i vostri. Capite di cosa sto parlando? Quando si guarda un film altrui, ci si trova immersi in un sogno inconscio. Per rendere conscio un sogno inconscio occorre trasformarsi da ricevitore a trasmettitore.

Trasmettitore è colui che non segue gli stereotipi e le convenzioni che gli impone la società, colui che ha l’audacia di stabilire le sue leggi e le sue regole. Le leggi della società (a differenza delle leggi di Natura) sono un elemento mobile... per non parlare delle regole. Stante l’obiettività della realtà comune a tutti, il vostro mondo è il vostro mondo, il vostro sogno è il vostro sogno. Se avete la consapevolezza e l’intenzione dell’Arbitro, il vostro sogno (la vostra realtà) diventerà gestibile, nonostante la presenza di circostanze apparentemente insuperabili, di “cause di forza maggiore”.

E non dovete nemmeno temere l’espressione spietata “cause di forza maggiore”. Consideriamo, ad esempio, un fatto incredibile, seppur abituale: un pipistrello sa volare. Sa volare eccome! Però dal punto di vista del senso comune e delle leggi conosciute della meccanica non dovrebbe essere così. Non può proprio essere così! Ma invece sì, funziona, come il Transurfing.

Se avete mai visto il volo di un pipistrello, dovete sapere che esso non assomiglia a nulla di analogo: né al volo di un uccello, né a quello di un insetto. Nel suo movimento c’è qualcosa di mistico, di extraterrestre, oserei dire. Il volo del pipistrello è virtuoso. Il pipistrello, in confronto a un uccello, è come un UFO in confronto a un elicottero. Perché sto dicendo tutto questo? Lo capirete dopo.

La domanda principale è: come trasformarsi da ricevitore a trasmettitore? Risposta: liberando la coscienza e aumentando il potenziale energetico.

Una parte significativa della coscienza dell’uomo moderno (come si diceva quando discutevamo l’effetto della cattura dell’attenzione) è occupata dal flusso esterno di informazioni imposto dal sistema, mentre un’altra parte non meno significativa è bloccata dai prodotti dell’ambiente tecnogeno: il cibo morto sintetico, le sostanze chimiche, gli OGM, le radiazioni elettromagnetiche e altri fattori. La testa è invasa dalla nebbia, i pensieri fluttuano, concentrarsi è difficile e trasmettere “il proprio film” in modo mirato risulta praticamente impossibile.

Gli stessi fattori causano la cattura e il blocco dell’energia. Una parte dell’energia viene tolta dal sistema, poiché l’uomo come elemento dello stesso non può godere dei suoi benefici gratuitamente, a fondo perduto. Un’altra parte viene inevitabilmente estinta dalla tecnosfera, ancora una volta perché l’uomo, essendo una creazione della natura, non può “raffreddarsi così impunemente” in un ambiente tecnogeno, innaturale per il suo organismo. E infine un’altra buona fetta di energia va a coprire i costi di gestione: la digestione dei cibi morti sintetici, la lotta contro le malattie e lo stress, il sostegno degli obblighi-pesi morti che ci si appende addosso volontariamente e dei problemi psicologici. Il risultato è che di energia libera, fonte di alimentazione dell’intenzione cosciente, ne rimane ben poca.

Con l’età, la coscienza diventa ancora più annebbiata e l’energia si estingue con maggior forza. Il risultato è quello che io chiamo “il fenomeno del vecchio comò”. Lo potete seguire da soli o sulla base della vostra esperienza personale, se avete non pochi anni di età, oppure osservando i vostri familiari anziani. Molte cose che prima si facevano volentieri, con vigore ed entusiasmo, dopo anni si fanno “a stento”, o non si fanno per niente.

Ad esempio, se prima amavate apparecchiare con cura la tavola, arredare con amore gli interni della vostra casa, fare bene le pulizie, occuparvi con piacere della macchina, prendervi cura di voi stessi, col tempo tutto il desiderio di perfezionismo pare dissolversi, svanire da qualche parte. Si perde l’interesse e la voglia di fare e si finisce con l’apparecchiare la tavola con il minimo necessario, con l’essere indifferenti all’arredamento di casa, col fare le pulizie in modo superficiale, e in generale col lasciar andare tutto come viene.

Come risultato, lì dove un tempo vi erano festa, splendori e lucori, ora regna la fiacca desolazione che si trascina per inerzia, quel tanto che serve per giungere al suo termine, simile a un vecchio comò, immancabilmente impolverato, con tutti i suoi soprammobili ammuffiti.

Ovviamente non è sempre così e non capita a tutti. Molto dipende dal livello di cultura e di educazione… Se le tradizioni culturali di famiglia sono abbastanza forti, in casa ci sarà sempre ordine e pulizia, sul comò non si formeranno gli strati di polvere, e ciò nonostante uno stato di stanchezza dell’animo. Se invece in famiglia si pratica una regolare indisciplina, il fenomeno del vecchio comò si manifesta molto chiaramente.

Riporto questi esempi a titolo illustrativo, affinché sia chiara una cosa: se con siffatte energia e coscienza le forze non bastano per gestire la realtà persino sul piano materiale, allora sul piano sottile non c’è proprio possibilità alcuna di intraprendere qualcosa.

Il fenomeno del vecchio comò vi ghermirà così rapidamente e di sorpresa che non avrete nemmeno il tempo di aprir bocca. Perché ultimamente questi due processi, la cattura e il blocco dell’energia e della coscienza, hanno una tendenza a svilupparsi esteriormente in modo impercettibile ma accelerato. Sul vostro comò la polvere si deporrà molto prima di quanto avveniva sul comò dei vostri genitori.

Ora l’eterna domanda: che fare? Anche in questo caso dobbiamo sollevare un argomento che infastidisce alcune persone. Sono ancora una volta costretto a ripetere che il Transurfing dev’essere considerato come un approccio olistico, una dottrina integrale, costituita da tre componenti principali: come pensiamo, come ci alimentiamo, come ci muoviamo.

Cosa significa insegnamento olistico? Significa che se si eliminano uno o più di uno dei suoi componenti, si ottiene qualcosa di “non finito” e la tecnica perde il suo pieno potenziale.

Il pensiero è il vostro modo di relazionarvi allo specchio del mondo, cioè l’immagine che formate davanti a tale specchio e la reazione che avete rispetto all’immagine riflessa.

L’alimentazione è ciò che entra in voi direttamente: il cibo e l’informazione.

Il movimento include il vostro stile di vita: attivo o sedentario, e la vostra capacità di gestire il vostro corpo e il vostro potenziale energetico.

Il primo componente, noto a tutti come il Transurfing classico, è riportato nel libro Transurfing real’nosti I-V [Reality Transurfing I-V, Macro Edizioni, Cesena, 2009-2012; N.d.T.]. Tuttavia, recentemente stanno diventando sempre più importanti il secondo e il terzo componente, perché solo il primo non è sufficiente (le basi del secondo e del terzo componente sono riportati nel libro Živoj Transerfing [Il Transurfing vivo; N.d.T.]).

Costruirsi una realtà di proprio gusto e colore non è come “andare a farsi una passeggiata”. L’energia e la consapevolezza non bastano. Certo, la visualizzazione sarà di enorme aiuto, ma al fine di controllare la realtà come un sogno lucido bisogna avere una coscienza e un forte potenziale energetico

Il senso di tutto ciò consiste nel riuscire a vivere in un sistema (matrix) che deruba energia e coscienza, pur essendone al contempo distaccati. E ciò può essere raggiunto solo grazie al secondo e terzo componente. Tutti gli altri tipi di approcci mentali, come le varie forme di meditazione, l’arresto del monologo interiore, le immersioni nelle profondità dell’inconscio, tutto ciò è assolutamente inutile. Dal sistema vi potete staccare solo utilizzando lo stesso modo con cui esso vi lega.

Bisogna cioè agire per opposizione. Se il sistema vi costringe a condurre una vita sedentaria, voi fate il contrario: iniziate a curare seriamente la vostra forma fisica; se il sistema vi nutre con cibi sintetici, passate ad alimenti naturali; se il sistema cerca di infarcirvi di ogni tipo di informazione, schivatela, fingendovi “vuoti”; se il sistema vi avvelena con sostanze chimiche e radiazioni, sforzatevi di scegliere in tutto un percorso ecologico, dalla casa alla cosmesi. Ecco quant’è semplice questo principio.

Non dico che si debba passare subito al crudismo o a isolarsi in un eco-villaggio. Cominciate da quello che vi è più accessibile e semplice. Cominciate, imboccate questo Cammino e poi sarà il Cammino a condurvi nel posto giusto

Per esempio, se soffrite di problemi psicologici come complessi e fobie, potreste perdere anni nella lotta contro voi stessi, praticando autoanalisi e ricorrendo all’aiuto di psicologi e di psicoterapeuti e senza ottenere risultati.

Ma vi basterebbe passare a un regime alimentare separato a base di prodotti naturali e prendervi cura del vostro corpo fisico e del vostro potenziale energetico per veder sparire da soli tutti questi complessi. E perché? Perché il secondo e il terzo componente liberano una parte significativa dell’energia e della coscienza che erano state risucchiate dal sistema tecnogeno. Quando il potenziale energetico e la coscienza raggiungono una certa massa critica, tutto il resto comincia a sistemarsi da solo. Di questo parleremo dettagliatamente più avanti

Qualcuno può dire: il mio Transurfing funziona benissimo, e il resto non mi interessa. È vero, funziona, però ora posso dichiarare con certezza che non funziona più con la stessa efficacia con cui funzionava 5-7 anni fa, e ciò in forza dello stesso effetto di cattura e di blocco dell’energia e della coscienza di cui si diceva in precedenza. È un fatto che riguarda tutti noi. La realtà cambia molto velocemente e se continuerete a vivere secondo i vecchi princìpi ritenendo che “tanto tutto funziona lo stesso, il resto non è importante”, rischiate di restare indietro e perdere il treno.

D’altra parte, ciascuno sceglie il proprio livello di Forza, a seconda del proprio fabbisogno. Succede la stessa cosa con le auto: alcuni preferiscono una macchina potente, altri sono soddisfatti di una macchina leggera. Quindi, otterrete la Forza che avete intenzione di avere. Se vi prefiggete il fine di avere una coscienza e un potenziale energetico elevati, non avrete problemi del tipo “l’euforia è finita da qualche parte”.

Un bel giorno, quando, dopo aver chiuso il libro o essere usciti dal cinema, penserete di creare qualcosa nella vita, la cosa finalmente vi riuscirà. Non vi occorrerà parcheggiare il vostro sogno sul fondo di un cassetto profondo, come avete sempre fatto, ma potrete subito cominciare a realizzarlo perché l’energia e la coscienza (come succede con i soldi) per quel momento saranno già sufficienti. E non lo saranno a prezzo di grandi sforzi di volontà come succede ora, ma si daranno davvero con facilità.

L’evoluzione delle specie è una chiara dimostrazione del fatto che si possa scegliere il livello di forza a propria discrezione. Provate a guardarvi intorno: ci sono esseri viventi che nuotano, altri che corrono, altri che strisciano, altri che volano, e c’è chi sta sempre fermo. È uno stato di cose abituale, semplice e comprensibile: uno ha ciò che gli è stato dato, così è sempre stato e sempre sarà. Ma è un fatto ovvio? No!

Mi pongo la domanda tipica dei bambini: perché? Perché qualcuno vola e qualcun altro striscia? Chi può rispondere? Se vi porrete ogni tanto le domande che fanno tipicamente i bambini, scoprirete intorno a voi una moltitudine di cose abituali ma assolutamente non ovvie.

Esiste un ordine di mammiferi assai curioso, i chirotteri, comunemente noti come pipistrelli. Tra di essi ci sono delle specie che possono solo volare, ma ci sono quelle che possono anche correre, nuotare e decollare dall’acqua. Provate a immaginare, in un tempo passato gli esseri viventi si erano suddivisi in base alle loro preferenze: qualcuno era rimasto a terra, ma per qualcun altro questo era sembrato poco. Nella realtà (almeno in quella che si estende nel tempo) “la forza maggiore” non esiste. Una creatura vuole correre sulle zampe? Prego, che corra pure. Un’altra vuole volare? Ma per carità, voli quanto più le pare. Lo possono fare solo gli uccelli? E chi l’ha detto? Ognuno si sceglie il proprio livello di Libertà e di Forza.

E persino per coloro che hanno scelto le ali, le preferenze in termini di forza possono fondarsi su una vasta gamma di possibilità. Mettiamo a confronto due tra gli esseri più interessanti: un pipistrello e una volpe volante.

Il pipistrello è una delle creature più perfette e misteriose create dalla Natura. Non a caso l’immagine del superuomo Batman si ispira ad esso. Il pipistrello vive di notte e possiede la visione diretta1.

Nella comunità scientifica è diffusa l’opinione che i pipistrelli si orientino nello spazio utilizzando l’ecolocazione ultrasonica. Ma è un’opinione dubbia. Nessuno sa con cognizione di causa perché ai pipistrelli dovrebbe servire l’ecolocazione (o forse qualcuno fa finta di saperlo). La maggior parte dei pipistrelli si nutre di insetti. Durante il volo i pipistrelli emettono segnali, canzoni, per lo più di richiamo all’accoppiamento. Non tutte queste canzoni sono percepibili dagli esseri umani poiché la loro frequenza può essere al di sopra della soglia della nostra percezione di 20 kHz. Possono cadere in anabiosi (letargo) durante la persistenza di condizioni ambientali avverse.

La volpe volante ha una vita notturna e diurna. Si nutre principalmente di frutta, nettare, fiori. La sua apertura alare raggiunge il metro e mezzo. Il suo volo è goffo, in compenso sa planare bene. Le volpi volanti non sono in grado di cadere in anabiosi. Non possiedono né visione diretta né ecolocazione. Vivono in colonie rumorose, bisticciano continuamente tra di loro e sono in generale chiassose e indisciplinate.

Se un pipistrello e una volpe volante si potessero incontrare e potessero chiacchierare tra di loro, si potrebbe assistere a un dialogo del genere:

– Sono una volpe volante! E tu, chi sei ?

– Sono un pipistrello.

– Oh, povera bestiolina! Sei così mostruosa!

– Guardati tu! Hai un brutto muso peloso, un ventre ispido e un mozzicone di coda.

– Guarda bene le mie orecchie, guarda come sono belle, altro che le tue buffe cartilagini!

– Io però possiedo l’ecolocazione, anche se per vedere perfettamente nel buio non mi serve affatto. A tutti, per qualche motivo, è venuto di pensare che con l’ecolocazione ci si possa orientare in volo. Che idiozia! È come se un cieco cercasse i funghi nel bosco con un bastone. Ho bisogno di inseguire le farfalle, e sai bene quanto siano agili!

– E allora a che ti serve l’ecolocazione?

– È una cosa che non deve riguardare nessuno. Sono affari miei.

– Che figata, mio caro, che figata! Però adesso vedi di non scoppiare, con tutta la tua importanza!

– Ma figurati! Noi siamo topi tranquilli, voliamo con piacere, ci godiamo la vita, mentre voi, volpi bisbetiche, non fate che litigare e schiamazzare nelle vostre colonie. Forse siete incattivite per il fatto di essere così goffe e buone a nulla?

– E tu, perché mai squittisci mentre voli?

– Squittisco dal piacere che mi procura il fatto di sapere che posso volare come voglio.

– Ma anch’io volo!

– Sì, ma come un cane, se avesse le ali:

“Sopra i boschi e sopra i campi

Se solo io potessi volare!

Con le ali di un cane,

potrei la terra folgorare!”

– Ti conviene volar via da qui, sennò rischi che ti pappi in un boccone!

– Niente da fare, mia cara, sei vegetariana!

E così via. Allo stesso modo, tra di noi ci sono sia volpi volanti che pipistrelli. In fin dei conti siamo tutti diversi, ognuno con le sue esigenze e i suoi interessi. Ognuno si sceglie il proprio livello di Libertà e di Forza. Ma le esigenze e gli interessi possono cambiare nel tempo. Oggi sono alcuni, domani, altri. E un giorno, se mai vi incontrerete, vi potrete forse dire, come una parola d’ordine:

– Io sono un pipistrello, un topo volante!2.

– E io sono una volpe volante!

– Io sono un topo!

– Io sono una volpe! Ma se voglio, anch’io posso diventare un topo. Ecco!


RIEPILOGO

  Quando leggete un libro, credete che la realtà si possa gestire come un sogno lucido. Ma quando vi allontanate dal libro e vi immergete in questa stessa realtà, vi diventa chiaro che non è tutto così facile come sembra.

  La realtà è difficile da gestire perché la persona vi agisce come un consumatore, non come un creatore, come un ricevitore e non come un trasmettitore.

  Per rendere lucido il sogno inconscio occorre trasformare se stessi da ricevitori a trasmettitori.

  Trasmettitore è colui che non segue gli stereotipi e le convenzioni imposte dalla società e ha invece l’audacia di stabilire le sue leggi e le sue regole.

  Per trasformarsi da ricevitore a trasmettitore, occorre liberare la coscienza e aumentare il potenziale energetico.

  Una parte significativa della coscienza dell’uomo moderno è occupata al flusso di informazioni esterno imposto dal sistema, mentre un’altra parte, non meno significativa, è bloccata dai prodotti dell’ambiente tecnogeno.

  Gli stessi fattori causano l’effetto della cattura e del blocco dell’energia.

  Con l’età la coscienza si annebbia ancora di più, e l’energia si smorza. Il risultato è l’insorgenza del “fenomeno del vecchio comò”.

  Ultimamente i processi di cattura e blocco dell’energia e della coscienza presentano una tendenza all’accelerazione, esteriormente impercettibile ma di fatto molto forte.

  Il Transurfing va considerato come una dottrina olistica, fondata su tre componenti principali: come pensiamo, come ci alimentiamo, come ci muoviamo.

  Il senso di tutto ciò consiste nel riuscire a vivere in un sistema (matrix) che deruba energia e coscienza, pur essendone al contempo distaccati.

  Dal sistema ci si può staccare solo utilizzando lo stesso modo con cui esso lega, cioè agendo per opposizione ad esso.

  Quando l’energia e la coscienza raggiungono una certa massa critica, tutti gli altri problemi scompaiono da soli.

  Ognuno sceglie il proprio livello di Libertà e Forza, a seconda delle proprie esigenze.

NOTE A MARGINE

A volte qualcuno mi scrive: «In internet ci sono informazioni contrastanti sul metodo di Bronnikov. Non si sa a cosa credere».

Di solito le persone tendono a credere a quello che è trasmesso dai mass media, cui internet appartiene. Ma internet è al contempo una preziosa fonte di informazioni e un’enorme discarica di spazzatura. Non vi era mai venuto questo pensiero? In uno stesso spazio, su uno stesso scaffale, convivono informazioni attendibili e menzogne spudorate. Del resto, nessuno può controllare questo processo.

Per quanto riguarda Bronnikov, per il benpensante, il suo metodo è talmente fantastico da non poter essere vero. Per questo i perbenisti ignoranti, tirando fuori la lingua, scrivono ogni sorta di cattiverie per giustificare, anzi, difendere la loro ignoranza. Del resto, quante assurdità sono state scritte sul Transurfing?

Peso sano in corpore sano

Della propria costituzione fisica potete parlare o con orgoglio, se possedete un corpo atletico e sportivo, o con auto-ironia, se siete delle persone robuste ma brave e buone quanto le vostre fattezze fisiche. Ma che cos’è la salute, che cosa dovrebbe essere? Oppure, ponendo la domanda in modo più interessante: ma esiste la salute?

Ai tempi d’oggi le persone perfettamente sane sono pochissime unità, ammesso che ce ne siano, perché l’uomo, in relazione al proprio corpo, è un sadico sopraffino che pare sottoporsi deliberatamente a delle prove che la Natura non aveva previsto.

La Natura, infatti, non poteva prevedere che all’uomo venisse in mente di versarsi in corpo l’alcool, di avvelenarsi con il tabacco, di cucinare sul fuoco, di circondarsi di ogni sorta di sostanza chimica e di radiazioni elettromagnetiche, e che, invece di prediligere il movimento attivo, per cui il suo corpo era stato evidentemente predisposto, finisse per condurre uno stile di vita sedentario.

Per questo si scopre che se in base alla diagnosi preliminare un paziente è più vivo che morto, in base a quella finale è più che altro malato e sicuramente non sano. Persino se lo si deve spedire nello spazio1.

Esistono due falsi stereotipi. Primo: una malattia c’è quando qualcosa incomincia a far male. Invece il corpo umano, grazie alle sue grandi risorse, dà notizia di sé con manifestazioni di dolore solo nell’ultima fase, quando vivere alle condizioni di prima diventa praticamente impossibile. Secondo: la malattia può essere curata dai medici e dalle medicine.

Non ascriveremo i danni dell’organismo alla categoria delle malattie, qui è più adatto il termine “rotture”, alterazioni che si possono riparare. Ma il guaio è che ormai si è abituati a “riparare” quasi tutte le malattie, cioè ad applicare alle malattie croniche i metodi della medicina d’urgenza.

Così come non si mette in ordine una strada riempiendone solo le buche che compaiono in primavera2, allo stesso modo l’organismo non può venir risanato rappezzandolo qua e là. I medici, però, sono costretti a occuparsi proprio di “rattoppare i buchi”, non rimuovere le cause ma soffocare le manifestazioni dei sintomi: se la pressione è alta, prescrivono la pillola per abbassarla; se sale la febbre, fanno la stessa cosa; se appare la tosse, la soffocano; se compare un mal di testa, lo stordiscono; se lo stomaco si fa sentire, lo bloccano! Ci sono molti modi per chiudere la bocca all’organismo: che si impasticchi pure, basta che coi suoi lamenti non infastidisca né il suo legittimo proprietario, né i medici che lo seguono.

E che cos’altro resta da fare? Come si può curare l’uomo, figlio della Natura, che ha violato tutte le leggi naturali esistenti? Chiedete a un qualsiasi medico ragionevole: si può curare una malattia con pillole, lozioni e impacchi? Giammai! La si può al limite cacciare in un angolo, non per molto, forse. Ma curarla definitivamente non si può. In compenso ci si può costantemente occupare di curarla, come si fa quando si riparano le strade.

Qual è dunque la via di uscita?

L’accademico I.P. Pavlov amava ripetere: «L’organismo è un sistema di auto-regolazione e auto-guarigione». Esso si guarisce da solo. Ma per questo è necessario creargli delle condizioni che siano naturali per il suo normale funzionamento, com’è stato previsto dalla Natura.

Le più importanti di queste condizioni sono l’alimentazione naturale e il movimento. Sull’alimentazione mi sono espresso già molte volte in passato. Questa volta parlerò della necessità di un’adeguata attività fisica. In generale tutti sanno che il movimento è necessario, è uno stereotipo noto. Ma a che fine sia davvero necessario muoversi quasi nessuno pensa, proprio per la ragione che questo fatto è fuor di dubbio. Non tutte le cose semplici sono evidenti, non tutte le cose evidenti sono comprensibili. Qui cercherò di dare una risposta breve e chiara per rendere l’evidente anche comprensibile.

La malattia è un’inondazione

La malattia insorge lì dove per qualche ragione si produce un’alterazione della microcircolazione del sangue, della linfa e del liquido intracellulare. L’organismo, inteso alla maniera di Pavlov come un sistema di auto-regolazione, dirige sempre il flusso delle sue risorse di “riparazione” verso la zona alterata. E se l’afflusso di risorse non incontra ostacoli nel suo cammino, il problema, di solito, viene eliminato. Quando però la capacità di passaggio dell’alveo del fiume (la rete sanguigna) non può far fronte a dei volumi eccessivi, si produce la rottura degli argini, l’inondazione, il ristagno, l’infiammazione.

I vasi sono come degli alvei secchi

Nelle persone che conducono una vita sedentaria, la rete delle vene e dei capillari non è sviluppata. I capillari muoiono, le vene si atrofizzano. Inoltre, in seguito a una cattiva alimentazione i vasi sanguigni sono intasati come vecchie tubature idrauliche. Il risultato è che si seccano non i fiumi stessi (perché di sangue ce n’è a sufficienza), ma i loro alvei. Un fiume in piena finisce per trasformarsi in un ruscello o addirittura si secca. Questa è la causa di una moltitudine di effetti negativi.

I muscoli sono come “vogatori costieri”

Il cuore è in grado di pompare il sangue rapidamente solo nei grossi vasi. Nei piccoli vasi sanguigni il sangue giunge proveniendo dalla contrazione dei muscoli scheletrici, che vengono chiamati secondo cuore proprio per questo motivo. Per la linfa e il liquido intracellulare non è previsto un cuore singolo, sì che la circolazione di tali sostanze dipende interamente dallo stato dei muscoli scheletrici, “vogatori” sulle rive dei vasi-fiumi.

Ciò che non viene utilizzato, si atrofizza

Sì, esiste questa spiacevole legge di Natura da cui non si può sfuggire. Lo status quo non esiste, c’è progresso o degenerazione. Fino a circa 20 anni il corpo si sviluppa per lo più in modo autonomo, ma poi tutto cambia: o si investono degli sforzi per lo sviluppo ulteriore o il mantenimento di una buona forma, oppure si assiste al suo graduale decadimento. Se i muscoli non vengono esercitati, questi “vogatori” sulle rive dei fiumi si indeboliranno e il loro numero comincerà a diradarsi. I corpi dei “vogatori” nell’organismo di un uomo con uno stile di vita sedentario, per forma ricorderanno lui stesso e saranno o pesanti e goffi o deboli e deperiti.

Non esistono muscoli inutili

La natura non crea nulla invano. Se c’è qualcosa, significa che serve, compresi i muscoli, cui di solito non si presta molta attenzione. Ma come si evince da quanto sopra, se certi muscoli non vengono caricati di lavoro, si atrofizzano. Un’incompleta attività motoria (così come la passività) comporta una distribuzione non uniforme dei carichi di lavoro: alcuni muscoli vengono utilizzati più frequentemente, altri raramente (o mai). In alcuni luoghi i “vogatori” sono di più, in altri di meno o addirittura assenti. Da una parte c’è una “valle del Nilo”, dall’altra c’è un deserto morto.È normale? No. È tipico? Per l’uomo moderno, sì.

Che fare?

Immaginate che i vostri “vogatori” siano il vostro esercito, da cui dipendono la vostra sicurezza e la vostra stessa vita. Non si possono lasciar oziare dei soldati, bisogna tenerli costantemente pronti al combattimento. Ricordate: o vi evolvete o vi degradate. I carichi di lavoro dovranno essere regolari, sistematici ma non estenuanti. Tutto va bene quando è nella giusta misura, che si tratti di lavoro o di tempo libero. Il movimento dev’essere fonte di piacere, se non lo è significa che l’organismo è completamente intossicato e dev’essere depurato. Gli esercizi dovranno essere massimamente vari, per sviluppare tutti i gruppi muscolari, senza eccezioni.

Come vedete, non c’è nulla di nuovo sotto la luna: è tutto semplice ed evidente. Ma ora è anche comprensibile, non è vero? Quando gli alvei dei fiumi si ripristineranno e i “vogatori” riprenderanno le forze, le malattie vi abbandoneranno, il corpo diventerà bello, sarete in salute e il peso sarà veramente sano.


RIEPILOGO

  Oggi come oggi le persone perfettamente sane sono pochissime.

  Il corpo umano dà notizia di sé con il dolore quando è all’ultimo stadio di una patologia.

  Per le malattie croniche da noi si è già abituati ad applicare i metodi della medicina di emergenza.

  L’organismo è un sistema di auto-regolazione e auto-guarigione.

  La causa principale delle malattie nella maggior parte dei casi è dovuta all’alterazione della microcircolazione.

  Nelle persone che conducono una vita sedentaria, le reti capillari dei vasi linfatici e sanguigni si atrofizzano.

  Nei piccoli vasi sanguigni il sangue e la linfa circolano principalmente grazie alla contrazione dei muscoli scheletrici, chiamati non a caso “secondo cuore”.

  Lo status quo non esiste: c’è progresso o degenerazione.

  Non esistono muscoli inutili.

  I vostri “vogatori” sono il vostro esercito, da cui dipende la vostra sicurezza e la vostra stessa vita.

  I carichi devono essere regolari, sistematici, ma non estenuanti.

  Gli esercizi devono essere massimamente vari.

NOTE A MARGINE

La tecnosfera ci sottrae la salute, l’energia, l’attenzione, la consapevolezza e in definitiva anche la libertà. La cosa strana è che vediamo tutto, ma allo stesso tempo non ce ne accorgiamo. Per esempio, avete avuto il tempo di rendervi conto di come, in modo rapido e silenzioso, nel giro di due-tre decenni i materiali sintetici hanno sostituito quasi completamente quelli naturali?

Al fine di realizzare il principio di base del Transurfing, la scelta, occorre almeno essere a conoscenza del fatto che limitarsi solo a ciò che impone la tecnosfera non è affatto d’obbligo. Basta avere la conoscenza e l’intenzione, chè il cibo e i vestiti naturali, piacevoli al corpo e all’anima, nello spazio delle varianti si troveranno.

Una meraviglia dimenticata è il lino azzurro. Si potrebbe parlare molto di questo tessuto, ma non è il caso. Meglio non perdere tempo in parole. Nella tecnosfera bisogna utilizzare il tempo per andare a caccia di questo tesoro. Del resto, i vestiti di lino sono un’oasi di biosfera per il corpo. Guardate che meraviglie ci sono nel mondo: http:otrada.by.

Transurfing o trasgressione?

Ricevo spesso lettere con commenti entusiastici: «Il Transurfing funziona!». Ma di storie concrete, dove si racconta che è stato fatto questo e quello e si è ottenuto questo e quest’altro, ce ne sono poche. Ciò lascia intendere che le persone confondono la gestione intenzionale e consapevole della realtà con l’effetto di sincronicità, quando qualcosa, che ha catturato l’attenzione, si manifesta miracolosamente nella realtà.

Se voi, con stupore, vi accorgete per la prima volta che tra i vostri pensieri e la realtà è sorto un legame spontaneo, questo ancora non significa che il vostro Transurfing funzioni. Ovvero, funziona, ma da solo, indipendentemente dalla vostra volontà. E in più non si tratta di Transurfing ma di una ingestibile sincronicità, un fenomeno che si può solo osservare e di cui ci si può stupire.

Al fine di iniziare a gestire questo processo, cioè imparare ad allestirsi delle “sorprese” premeditate e pianificate, è necessario, come ho già detto, ricostruire il proprio modo di pensare, “saldare” qua e là nella testa il proprio schema in modo tale che il vostro ricevitore passivo diventi un trasmettitore, passi a un regime di trasmissione delle sue intenzioni.

Ci si può chiedere: quanto spesso e quanto a lungo bisogna trovarsi in un regime di trasmissione? È come chiedere quanto dovrà remare una barca per mantenere un corso invariato in un flusso in continuo cambiamento. Non appena lasciate i remi, verrete subito risucchiati dalla corrente delle circostanze esterne, create non da voi. La vostra vita diventerà dipendente dai copioni e dagli scenari di una realtà che non è la vostra. I vostri remi capiteranno nelle mani di viaggiatori più attivi. Così stanno le cose.

Per questo occorre sforzarsi di trasmettere il quadro della propria realtà ideale al mondo esterno in modo costante, in regime diretto e di fondo. Anche se vi state semplicemente riposando, se state passeggiando, leggendo, guardando o ascoltando film e programmi allestiti da altri, lo spettacolo del vostro film personale e la trasmissione della vostra radio non deve smettere mai. Voi stessi colorate il vostro mondo come volete. Se veramente lo volete. Qualunque cosa stia succedendo nella realtà, insistete ad affermare la vostra posizione, come nella famosa canzone:

Oranževoe nebo, oranževoe more,

oranževaja zelen’, oranževyj verbljud.

Oranževye mamy oranževym rebjatam

Oranževye pesni oranževo pojut.

(Un cielo di color arancione, un mare di color arancione, verdure di color arancione, un cammello di color arancione.

Mamme di color arancione, a bambini di color arancione

Cantano arancionamente canzoni di color arancione).

Potete magari avere intorno a voi, ad esempio, poliziotti di color arancione, funzionari di color arancione, capiufficio di color arancione, sciocchi di color arancione, strade di color arancione, eventuali problemi di color arancione, tutto di color arancione! E il mondo diventerà subito divertente! Dopo tutto, per quanto nere siano le nuvole, dovete sempre ricordare che sopra di esse brilla costantemente un cielo blu. Oppure, se preferite, di color arancione.

Beh, è una specie di “spiegazione dei maghi” in forma semplificata.

Più in generale, ogni tipo di informazione in entrata può scatenare analogie o legami con il vostro mondo interiore. Se siete in regime di trasmissione, i dati in entrata “del trasmettitore” si trasformano in associazioni, mentre quelli in uscita rilasciano le dichiarazioni della vostra intenzione. Quando guardate un film altrui, basterà porsi il fine di cogliere le associazioni e allo stesso tempo di girare il proprio filmato, cioè dichiarare l’intenzione del proprio “mondo di color arancione”: da loro è tutto grigio, da me, invece, è di color arancione; nel loro mondo ci sono dei problemi, nel mio invece no; quelle persone vivono ristrette entro certe limitazioni, ma questo non mi tocca; le grandi personalità creano capolavori, e anch’io però posso fare qualcosa; loro sono belli, forti, coraggiosi, ma anch’io ho le mie belle qualità; quella cosa io non la faccio entrare nel mio mondo, quest’altra, invece, è ciò che fa per me, e così via.

Un altro sistema da adottare è ridurre tutte le informazioni in entrata al comune denominatore del vostro fine. Se per esempio desiderate intensamente avere quanto prima una casa vostra, dovrete trasmettere in regime continuato il programma “La Mia Casa e Io in Essa”. Quando vedete dal vivo, al cinema o alla televisione, una casa, confrontatela con quella dei vostri desideri e poi disegnatevela nell’immaginazione. Se avete visto in un negozio o in una pubblicità degli oggetti utili, guardateli, sceglieteli, con l’intenzione di trovarci una sistemazione nella vostra casa. Se avete occasione di visitare angoli diversi di mondo, immaginatevi dove vorreste vivere. Dipingete tutto il mondo con i colori del vostro sogno, in modo serio e deciso, senza prestare attenzione a chi, come dice la canzone, vi dirà «queste cose non esistono». Da loro queste cose non esistono, da voi, invece, esistono.

Per qualcuno trovarsi in questo regime di trasmissione potrà sembrare stressante e gravoso, se non addirittura un esercizio inutile. Ovviamente, tutto dipende dalla presenza di un fine nella vita, così come dalla forza del desiderio di raggiungerlo. Quanto all’onerosità, è una questione di abitudine. Un atto che diventa abitudine quotidiana cessa di diventare sforzo, di creare tensione. Per ristrutturare il proprio modo di pensare e trasformarlo in un regime di trasmissione si può iniziare dalle cose più banali. Il Transurfing offre un sistema potente e al tempo stesso semplice: il principio della coordinazione dell’intenzione. Lo ricordiamo.

Se avete l’intenzione di considerare come positivo un evento che vi sembra negativo, allora diventerà sicuramente positivo.

Ricordate, per quanto male viviate adesso, più avanti vi attenderà una sorpresa molto piacevole, a condizione che in questo momento manteniate la coordinazione. Perché succede così?

La vita umana, come qualsiasi altro movimento della materia, è una catena di cause ed effetti. L’effetto, nello spazio delle varianti, si trova sempre vicino alla sua causa. Come uno deriva dall’altra, così i settori adiacenti dello spazio delle varianti si dispongono nelle linee della vita. Ogni evento nella linea della vita ha due diramazioni, una favorevole e l’altra sfavorevole. Ogni volta che vi trovate a vivere un qualsiasi evento esistenziale, scegliete il modo in cui affrontarlo. Se considerate l’evento come positivo, capiterete nella diramazione favorevole della vita. Purtroppo, la tendenza al negativismo costringe spesso a esprimere insoddisfazione e a optare per la diramazione sfavorevole. E ogni volta che qualcosa suscita fastidio arriva di seguito qualche altra contrarietà. Risulta così che “le disgrazie non vengono mai da sole”. La serie di guai, però, fa seguito non al primo fastidio ma al modo in cui ci si è rapportati ad esso. La regolarità è formata dalla scelta che viene fatta al bivio di cui si diceva sopra. Il principio della coordinazione dell’intenzione vi offrirà la possibilità di cadere sempre sulla diramazione felice della vita.

Perché ripeto ancora una volta quello che sapete da tanto? Perché tra il sapere e il fare c’è un intero abisso. Dite la verità: conoscete bene il principio della coordinazione delle intenzioni, ma siete sicuri di applicarlo veramente? Non credo che faccia parte delle vostre abitudini quotidiane, diversamente non avreste tanti dei numerosi problemi di cui mi scrivete nelle vostre lettere. Pur conoscendo e capendo tutto, continuate a reagire agli eventi e alle circostanze negative in modo negativo, ecco cosa fa parte delle vostre abitudini. Ed è proprio quest’abitudine inconscia, non certo la vostra intenzione cosciente, a controllare la vostra realtà.

Vorrei chiarire per bene la situazione perché il principio della coordinazione dovrebbe essere veramente utilizzato. A questo fine consideriamo un fenomeno che pare non avere attinenza a questo tema, il déjà vu, quando un concorso di circostanze indica che qualcosa di simile sia già successo in precedenza. Una caratteristica distintiva del déjà vu consiste nel fatto che la persona è quasi sicura che un evento simile si sia già prodotto ma non riesce a ricordare esattamente quando e dove sia successo. Accade di solito che gli eventi del passato si confondano e non sia possibile determinare se si tratti di un deficit di memoria o di confusione nella realtà stessa.

Si possono citare due possibili ragioni del fenomeno. Prima variante: il déjà vu avviene per il fatto che un evento simile ha avuto luogo in un sogno. Una persona non ricorda sempre quello che ha sognato, ma quando incontra nella realtà condizioni e circostanze simili, nella sua memoria affiora una vaga e al contempo netta sensazione di aver già vissuto l’evento.

Seconda variante. Nel corso della sua vita una persona passa continuamente da una linea all’altra. Due linee della vita, come due pellicole cinematografiche, possono contenere nel passato eventi contrastanti. È come se si incollassero insieme due pellicole diverse, le cui storie, fino al punto di incollaggio, si differenziano. In rari casi gli scenari possono differire radicalmente. Tali transizioni parrebbero portare a una violazione dei legami causaeffetto, ma di solito evidenti conflitti non si colgono, mentre invece si delinea qualcosa di simile a un “malinteso”, quando non è chiaro se è la persona ad aver confuso le cose o se c’è concretamente qualcosa di anormale. In ogni caso, non è possibile né confermare né smentire la situazione incomprensibile, cioè prendere la realtà per mano, “coglierla sul fatto”. Risulta così che la persona sembra ricordare che nei fotogrammi precedenti della pellicola c’era una cosa, mentre le persone che la circondano, che non “hanno saltato” da una pellicola all’altra, le assicurano che quella cosa non c’ era, ed era tutto completamente diverso.

E a questo punto si toccano nuove questioni, che riguardano la struttura della memoria umana. Supponiamo che il processo del ricordo si presenti come una sorta di collegamento alle pellicole che sono archiviate nello spazio delle varianti. In questo caso sorgerebbe la domanda: una persona “guarda” proprio la sua pellicola, ottenuta dal risultato di numerosi incollaggi durante le sue transizioni da una linea all’altra, oppure può collegarsi a pezzi interi tratti da quelle pellicole che in passato non ha vissuto? Insomma, in questo labirinto ci si può perdere.

La confusione sorge non solo nella vita, dove si può far riferire tutto all’imperfezione della psiche umana, ma anche nei laboratori di fisica. Il noto principio di indeterminazione di Heisenberg mostra proprio questo lato insidioso della realtà: essa non si lascia “cogliere sul fatto”, riesce in ogni modo a svincolarsi e a fuggire quando si tenta di inchiodarla al muro per osservarla come si deve.

Un esempio tipico di tale confusione, simile al déjà vu, è riportato nel libro di Siderskij e Privalov, Oko Vozroždenija dlja novoj epochi (L’occhio della rinascenza per una nuova era). Qui si illustra un fenomeno chiamato transgressija, cioè trasgressione da una vita all’altra. Un uomo, ricercatore presso un laboratorio segreto situato in Siberia, si svegliò improvvisamente in una realtà diversa, ritrovandosi sposato con una donna che conosceva e non conosceva, facendo un lavoro completamente diverso, che sapeva e non sapeva fare. Il “trasgressore” aveva la chiara sensazione di star vivendo due vite completamente diverse, trovandosi nella stessa incarnazione corporea. Sapendo esattamente dove si trovava l’azienda segreta per cui lavorava, l’uomo decide di partire per la Siberia ma nel posto previsto non trova nulla.

Anche Carlos Castaneda racconta di una situazione analoga quando, dopo essersi gettato da un dirupo, si ritrovò nel suo appartamento di New York. Anche qui era avvenuto un incollaggio: Castaneda teoricamente doveva sfracellarsi, ma in realtà era passato da una realtà all’altra, finendo per ritrovarsi nella linea in cui era vivo.

Non spetta a me giudicare se è vero o no ciò di cui si scrive in questi libri, tanto più che nella vita ci sono state non meno sorprendenti prove di movimento nello spazio e nel tempo. Comunque la realtà sfugge come sempre e non dà una risposta chiara: è successo o non è successo, in che modo e perché. Un fatto è fuori di dubbio: la trasgressione come spostamento tra le diverse linee di vita, vicine o lontane, ha luogo senz’altro. Non solo: la viviamo ogni volta che prendiamo una decisione a un bivio.

Anche nella mia vita ci sono state esperienze del genere. Ecco uno dei ricordi lontani.

Hai dimenticato da me i tuoi guanti. Li hai dimenticati o li hai lasciati apposta, per tornare indietro? Ho la strana sensazione che qualcosa sia successo tra di noi, ma non ho la chiara certezza che si sia trattato di un sogno o di realtà.

Il giorno prima, a casa mia, la nostra allegra compagnia era in festa. Mi ricordo che io e te eravamo usciti in terrazza a fumare. Lì non c’era nessun altro, oltre a noi, e a un certo punto abbiamo incominciato a baciarci, con ardore. Per mia vergogna, quella sera avevo bevuto così tanto da non poter, il giorno dopo, distinguere la realtà dal sogno.

Quando ci siamo incontrati, mi guardavi in modo strano, ma allo stesso tempo, in base al tuo comportamento, non riuscivo a capire se c’era stato tra di noi qualcosa o era tutto il frutto della mia immaginazione. Ti ho chiesto se avevi dimenticato i guanti e se volevi entrare, e tu, continuando a guardarmi in modo strano, hai risposto che forse li avevi dimenticati. Non capivo niente e non potevo dire niente, perché non mi ricordavo niente di preciso. Anche tu tacevi. Sembrava che qualcosa ci fosse stato, ma anche no. In che situazione ero capitato! Bisognerebbe bere di meno!

Poi, quando la sbornia finalmente mi passò, nella memoria mi balenò un altro flash, più forte del precedente. Di nuovo ci stavamo baciando, già nell’ingresso, entrambi già eccitati e accaldati. Tu, di solito calma e pacata, gettavi via febbrilmente le scarpe e cercavi di strapparmi la camicia… Poi non ricordavo più niente. Ancora una volta il vuoto. Che roba!! Ma è successo o non è successo? No, basta, bisogna smettere di bere così tanto.

Passano due giorni. Tu non vieni a prenderti i guanti. Quindi, non li hai lasciati apposta ma li hai dimenticati… e io mi sono sognato tutto? No, è assurdo. E poi per quale motivo? Tu sei con un altro, io sono con un’altra. E poi non ho mai avuto un pensiero del genere, non ho mai pensato di tradire. Perché mai? Parto per un viaggio di lavoro. Mi immergo in altri problemi. Il déjà vu passa in secondo piano. Torno a casa. I tuoi guanti sono spariti. Adesso sono davvero in un vicolo cieco.

Come sia potuto succedere tutto ciò, l’ho capito solo ora.È avvenuta una trasgressione da quella linea dove davvero era successo qualcosa che poteva avere un seguito, a un’altra linea, dove non c’era niente, né in premessa né in conclusione. L’incollaggio si è verificato al bivio, nel momento in cui avevo preso la decisione: “Non è successo niente”. Comunque sia, prendere la realtà “con le mani in pasta”, cioè scoprire dove e come erano spariti i guanti, allora proprio non mi riuscì.

Ed ecco un’altra storia, questa volta del mio passato recente.

Fuori fa un freddo gelido, siamo in inverno. Devo uscire e andare in legnaia a prendere i ceppi per il camino. Devo ricordarmi di mettere il telefono in tasca, perché sto aspettando la chiamata del mio editore. In quello stesso momento mi distraggo e non ci penso più. Esco di casa. Tocco il telefono, è in tasca. Quindi, non l’ho dimenticato, è qui. Dove sarebbe meglio metterlo perché non dia fastidio? Ho fatto male a prenderlo. Mentre sarò indaffarato attorno ai ceppi potrei rovinarlo. Devo trovargli un posto. Di nuovo mi distraggo. Il gatto del vicino ha violato il mio territorio. Lo inseguo, lo prendo per la collottola e lo allontano ma quel mascalzone ha già fatto in tempo a marcare la mia porta. Finalmente mi occupo della legna. Mi viene in mente il telefono. Devo tirarlo fuori di tasca e metterlo da qualche parte. Frugo nelle tasche. Non c’è. Forse mi è caduto mentre inseguivo il gatto. Ok, lo troverò dopo. Mi distraggo nuovamente. Torno a casa. Il telefono è sul tavolo.

Evidentemente di nuovo è avvenuto un incollaggio. Questa volta, però, posso giurare di aver chiaramente palpato il telefono quando era in tasca. Com’è potuto finire sul tavolo? Forse si è verificato uno scoppio spontaneo del mio potenziale energetico, perché per trasgressioni come queste, “in pieno giorno”, si richiede una quota significativa di energia. Adesso, quando succede che il mio potenziale energetico va fuori norma, i dispositivi elettronici a volte si guastano. Ed è già da tanto che non bevo.

In breve, perché vi sto raccontando tutte queste cose? Il déjà vu è un fenomeno incontrollabile che succede, come il sogno inconscio. Finché inconsciamente, come in delirio, prendiamo decisioni chiave di fronte a bivi importanti e, come ostriche, reagiamo primitivamente ai piccoli problemi di tutti i giorni, la nostra vita si presenterà come una trasgressione ingestibile lungo le linee infelici della vita. Se invece ci addestriamo a rispettare il principio della coordinazione dell’intenzione in ogni tipo di situazione, la nostra realtà inizia a muoversi e a scivolare sull’onda del successo. E allora questa non sarà più trasgressione, ma Transurfing.

Tutta la meraviglia della coordinazione sta anche nel fatto che essa raddrizza la realtà nel modo più perfetto possibile: non occorre darsi molto da fare per colorare il proprio mondo. Ad esempio, desiderate che tutto vi vada bene così come deve andare ma non sapete cosa significhi che tutto vada bene e come deve andare. Nessun problema. Non occorre spaccarsi la testa, basta prendere l’abitudine di svegliarsi immediatamente, ogni volta che qualcosa va per il verso storto, e invertire coscientemente lo spiacevole in piacevole. Per questi casi dovreste avere la vostra riserva di reazioni particolari.

«Wow, che meraviglia, chissà che gioioso evento mi attenderà! Oh, sicuramente mi aspetta una piacevole sorpresa! Staremo a vedere! Che fortuna! Che gioia! Che felicità! Che meravigliosa coincidenza! Che grande opportunità! Sì, questa è la mia occasione! Il mio mondo mi ha protetto da guai ben peggiori! Oh, che emozione! È veramente fantastico! Attendo con impazienza regali e auguri!».

Dovreste esprimervi (in silenzio o ad alta voce, non ha importanza) con tutte queste “inappropriate” esclamazioni ogni volta che succede qualcosa di spiacevole, anche nel caso di piccoli fastidi o quando il copione che avevate predisposto viene per qualche motivo compromesso. Imparate a rallegrarvi per il brutto tempo, le code da fare, i problemi, ogni negatività. Questa specie di masochismo vi aiuterà a liberare gradualmente il cielo sopra il vostro mondo. Dovete solo preoccuparvi di riflettere su quali vantaggi otterrete dall’una o dall’altra sfortunata circostanza. E così sarà, ve ne accorgerete voi stessi e più di una volta. Solo nelle fasi iniziali vi sono richiesti degli sforzi di volontà per fare in modo che la coordinazione diventi un’abitudine, diventi una parte del vostro Io. Superato questo momento, tutto andrà come deve. Questo è il primo passo per trasformarsi da ricevitore a trasmettitore.


RIEPILOGO

  Non si deve confondere la gestione intenzionale e consapevole della realtà con l’effetto di sincronicità.

  Se tra i vostri pensieri e la realtà è sorto un legame spontaneo, ciò non significa ancora che il vostro Transurfing funzioni.

  Al fine di iniziare a gestire questo processo, occorre ristrutturare il proprio modo di pensare in modo tale che il ricevitore passivo diventi un trasmettitore, passi a un regime di trasmissione delle intenzioni.

  Bisogna sforzarsi di trasmettere costantemente al mondo esterno il quadro della realtà desiderata, in diretta o in regime di fondo.

  Per quanto cupe siano le nuvole che vi stanno sovrastando, dovete ricordarvi che al di là di esse splende sempre un cielo chiaro.

  Quando vedete scenari imposti dall’esterno, prefiggetevi il fine di cogliervi associazioni utili per voi e allo stesso tempo ricordatevi di proiettare il vostro film, dichiarare l’intenzione del vostro “mondo di color arancione”.

  Portate tutte le informazioni che ricevete in entrata al comune denominatore del vostro fine.

  Partendo con la coordinazione dell’intenzione si può iniziare a ristrutturare il proprio modo di pensare per metterlo in regime di trasmissione.

  Se siete intenzionati a considerare come positivo un evento apparentemente negativo, allora diventerà positivo.

  Assistiamo a fenomeni di trasgressione ogni volta che prendiamo una decisione a un bivio.

  Imparate a rallegrarvi del maltempo, delle code, degli ingorghi, dei problemi, di ogni negatività.

NOTE A MARGINE

Potete ascoltare La canzone arancione (nella sua versione originale) nel blog di Laura Lotus e Drago Chivong Transerfing na praktike (Transurfing in pratica) http://transerfingon.ru/. La canzone è stata cantata per la prima volta da una bambina di otto anni, Irma Sochadze, credo, circa 40 anni fa. Da allora ha trovato molti altri interpreti (evidentemente non a caso). Nella canzone è racchiusa tutta la quintessenza del Transurfing. Il testo è stato scritto da Grigorij Gorin e Arkadij Arkanov, la musica è di Konstantin Pevzner. Sulla pagina del blog c’è anche il testo integrale. Il blog è simpatico: è tutto molto interessante e molto arancione.

L’imprinting infantile

Continuo il tema del capitolo precedente, in cui si trattava della coordinazione dell’intenzione. Abbiamo dipinto di colore arancione eventi e circostanze aventi una tonalità “presumibilmente negativa”. Infatti, è in nostro potere rendere piacevoli tutte (o quasi tutte) le questioni spiacevoli. Resta solo da applicare lo stesso principio alle persone e a quello che fanno.

Ora parleremo di come pulire il proprio mondo dai rifiuti superflui. Se avete fatto ben attenzione, vi sarete accorti che il Transurfing non si occupa di “curare” i problemi ma di eliminarne le cause, taglia i nodi gordiani d’un solo colpo. Inoltre, non consiglia nemmeno di occuparsi di ricercare le cause dell’insorgenza dell’una o dell’altra situazione: porterebbe via troppo tempo e farebbe correre il rischio di perdersi.

La cosa migliore che si può fare per alleggerirsi il cammino è sbarazzarsi delle cose che danno origine a queste cause. In questo modo i problemi in corso si risolverebbero da soli, e di nuovi non ne sorgerebbero.

In altri termini, non bisogna guardare al passato e nemmeno al presente, ma al “futuro del fine”. Bisogna muoversi in avanti, indipendentemente da quello che ci si è lasciati alle spalle, perché in questo modo si arriverà solo lì dove si è focalizzata l’intenzione. In questo contesto, la nota affermazione “vivi ora, il momento corrente”, non è del tutto corretta. Nel momento corrente non vi è alcuna Forza. La Forza è nel momento che precede, è proprio questo momento che si porta dietro il corso del vostro sogno a occhi aperti. Ma di questo parleremo più avanti, per ora ne scrivo solo a titolo informativo, come spunto di riflessione.

Dunque, ritornando alla bambina che dipingeva il suo mondo di color arancione, ci si può chiedere: ma come mettere in pratica tutto ciò? Fortunatamente non è richiesta alcuna abilità né alcuno sforzo particolare: il mondo stesso, da solo, acquista tonalità gioiose se gli viene applicato il principio di coordinazione sia rispetto alle circostanze che si vengono a creare, sia in relazione alle azioni e ai comportamenti degli altri.

Coloro che ora hanno attivato la loro consapevolezza, mi potranno capire immediatamente: “azioni e comportamenti sono la stessa cosa”. Il problema è proprio questo: siamo abituati, con o senza motivo, a criticare gli altri per il minimo errore e a insultarli per errori maggiori. Lo facciamo senza rendercene conto, automaticamente. Per la maggior parte di noi è letteralmente un riflesso incondizionato. Non appena qualcosa non ci aggrada, subito, da qualche parte nella testa, si accende una lucina rossa e si dà avvio allo sfogo, a voce o per iscritto.

Soprattutto internet, dove ovviamente nessuno ti può prendere per la collottola o darti un calcio nel didietro, è un paradiso di libertà per i critici di ogni risma.

Per quanto si dica sul rapporto tranquillo nei riguardi della critica, in essa non c’è assolutamente nulla di buono per nessuno, né per l’oggetto criticato né per il portatore della critica. La quale, come minimo, non è mai bella.

Se in questo momento godete di un’equilibrata disposizione d’animo, provate a immaginare oggettivamente come appare chi impreca contro qualcuno o qualcosa, chi esprime critica, disappunto, rigetto. È davvero uno spettacolo brutto da vedere, e ciò indipendentemente dal fatto che tale reazione sia giustificata o meno. Ma allora perché le persone agiscono spesso in questo ruolo poco simpatico?

Perché la nostra mentalità, fin dalla prima infanzia, è stata marchiata da un imprinting: se qualcuno degli adulti ci sgrida con tono sicuro e rabbioso, significa che ha ragione e noi siamo colpevoli di qualcosa, abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, perché gli adulti sono più saggi, migliori, mentre noi siamo piccoli, siamo inferiori a loro, peggiori. Capite? Mentre noi non vorremmo essere inferiori ad alcuno! È dunque così, fin dall’infanzia, che si elabora un modello di reazione: se non ti sgridano ma sei tu a sgridare qualcuno, significa che hai ragione, sei il migliore, sei superiore a coloro che sgridi.

La reazione, a ben vedere, è abbastanza primitiva, a livello di invertebrati inferiori. Però crea l’illusione di una certa superiorità, seppur temporanea, e in qualche modo ci eleva sopra gli altri.

Dobbiamo tuttavia renderci conto che ciò non è altro che un’illusione, ed elevata lo sembra solo dall’interno, mentre vista dal di fuori appare sempre poco attraente.

Ad esempio, se si prende internet, considerando il posto di rilievo che occupa nella nostra realtà, e ci si immagina com’è il criticone (e di questi ce sono tanti) che naviga in lungo e in largo in cerca di autoaffermazione, non credo sia difficile rappresentarselo come un cane da cortile, con la coda ritta, qui pronto ad abbaiare, là pronto ad alzare la zampa e a imbrattare… Avrà pur ragione, delle volte, ma qual è il suo vero motto? A differenza del motto dei grandi del passato [veni, vidi, vici; N.d.T.], il suo sarebbe: «Sono venuto, ho imbrattato, ho lasciato le mie tracce».

E allora viene da chiedersi: le gesta di chi e quali tracce si lasciano dietro questi personaggi? Le gesta di coloro che sono stati aggrediti dai criticoni rimarranno di sicuro, perché di solito questi tipi non se la prendono per cose di poco conto. Ma cosa resterà dopo il passaggio dei criticoni stessi? Prima o poi la neve sciolta dal sole di primavera metterà a nudo “la loro arte” e la pioggia d’estate laverà via tutto, senza lasciare traccia delle loro schifezze che poco rallegrano la vista1.

Sono costretto a occuparmi di questi bozzetti poco piacevoli solo per necessità, per mettere alla berlina l’imprinting infantile e dare un esempio del reale stato delle cose. Ma lo squallore non è l’unica cosa che caratterizza la reazione primitiva dell’insoddisfazione e della critica che la segue. Ci sono altre tre buone ragioni per cui non conviene lasciarsi abbandonare a questo sentimento.

Prima ragione: l’effetto boomerang. Qualunque cosa si getti sullo specchio, tutto vi volerà indietro, si tratti di cose belle o di cose brutte. Da qui la conclusione ovvia: non conviene buttare quello che non si vorrebbe ricevere indietro. Provate a fare caso a questo fatto: quando si giudica qualcuno, dopo un po’ di tempo ci si ritrova nel ruolo dell’imputato e spesso per la medesima voce d’accusa. Succede molto spesso. Più raramente, ma comunque inevitabilmente, il boomerang torna trasformato: vi si può condannare per altre vostre azioni, oppure ci si imbatte in un fastidio che non sembra logicamente collegato alla pietra che si era precedentemente lanciata nel giardino di qualcuno. Non ha senso chiedersi: “Ma da dove mi viene così tanto male?” se si impreca contro tutto e tutti e poi si ottiene in risposta una grandinata di boomerang da cui ci si deve parare. Certo, le conseguenze non sono tutte così fatali e inequivocabili, però una certa costanza in questi casi si rileva.

Notiamo così che un fenomeno innocuo, quale pare essere l’imprinting infantile, genera in realtà una moltitudine di conflitti, che vanno dagli scandali familiari alle guerre stellari.

Seconda ragione: l’effetto specchio. Lo specchio constata spassionatamente il contenuto del rapporto, ignorando il suo orientamento. Allo specchio non importa se esprimete approvazione o condanna. Esso riflette semplicemente il vostro messaggio. Nel caso della condanna, però, questo riflesso cade nella vostra realtà come un’ombra ancora più scura, poiché la condanna si esprime sempre con sentimento, nell’unità dell’anima e della ragione. Esprimendo insoddisfazione e critica rispetto a qualcosa, intasate da soli il vostro mondo. Del resto, all’esterno si proietta lo stesso film che è contenuto nel proiettore.

Infine, la terza ragione: potreste aver torto. Attaccando qualcuno con la vostra critica avrete quasi certamente torto, perché non potete sapere tutti i dettagli, non potete sapere con certezza perché questa persona fa una cosa che non vi piace. Cosa avreste fatto voi se foste stati al suo posto? In ogni caso, è impossibile conoscere tutte le circostanze, le condizioni e i motivi che hanno guidato un’altra persona. Molte cose in questo mondo sono relative, con rare eccezioni.

Per non andare troppo lontano, prendiamo ad esempio le critiche che vengono fatte al mio indirizzo. C’è chi mi accusa di aver contaminato l’esoterismo con “accessori da cucina” che non c’entrano niente. E che comunque, indaffararsi in cucina non è affare da uomini. Non è che questa critica mi abbia profondamente toccato, però mi ha colpito la posizione da cui si è tentato di emettere il verdetto. Tra l’altro, sarebbe utile ragionare ogni tanto non in linea retta, da uomini, ma “in linea perpendicolare”, come pensano “le bionde” (e qui non mi riferisco a niente e a nessuno). Nella risoluzione di un compito difficile, le mosse non lineari e non logiche, l’approccio trasversale, che sembra “non avere nulla a che fare con il problema in oggetto”, molto spesso porta a illuminazioni. Per quanto concerne “l’affare non da uomini”, anche qui è tutto relativo.

Ricordo che quando facevo il militare, nel mio gruppo non amavamo quelli che non sapevano fare niente. Su quelli che erano abituati ai servizi delle mamme e delle “njanj”2 non si poteva assolutamente contare. In esplorazione, con tipi come questi non si andava. Non so come sia adesso, ma ai miei tempi bisognava farsi tutto da soli, cucina compresa. Delle volte ci toccava procurarci il cibo nel bosco, in pieno inverno. Colpire una lepre con il kalašnikov è difficile, e inoltre fare la posta all’animale richiede del tempo. Per questo adottavamo una tecnica crudele, molto da uomini. Bisognava fare un cappio con la polevka, un pezzo di cavo telefonico con fili d’acciaio, e appenderlo a un ramo sopra il sentiero battuto dalle lepri. La lepre di notte correva lungo il sentiero, scivolava nel cappio, senza accorgersene, ma con la zampa posteriore si agganciava al filo, che si tirava. Al mattino la trovavamo già intirizzita, sulla neve rossa, con la zampa segata fino all’osso dal cappio metallico. Preferiva battersi fino all’estremo e morire piuttosto che attendere chi sarebbe venuto a prenderla. Quando di una persona poco coraggiosa si dice “anima di lepre”, il confronto è ingiusto. Per forza d’animo la lepre non è inferiore al lupo. Tutto è relativo.

Ebbene, il senso di tutto quello che ho raccontato sta nel fatto che, manifestando insoddisfazione o imprecando contro il governo, gli impiegati, i calciatori, il tempo, i colleghi, i vicini, i familiari, per non parlare poi dei figli, trasmettete allo specchio del mondo un’immagine squallida e ricevete di conseguenza, di riflesso, una realtà altrettanto squallida. Trasmettere alla frequenza della radio “Onda della fortuna” o della radio “Sciacquone del cesso” è una questione di scelta consapevole (o inconsapevole).

Non voglio certo dire che non si debba per principio né discutere, né difendere se stessi o altri, né mettere qualcuno in riga quando è veramente necessario. L’importante è che le vostre azioni e il vostro modo di rapportarvi alla situazione non siano gestite dall’imprinting infantile ma siano mosse da un’intenzione consapevole. Ci si scontra spesso con circostanze in cui non è affatto obbligatorio manifestare una reazione negativa. Perché lamentarsi di cose che non vi riguardano direttamente o di persone che non vi hanno fatto personalmente alcun male? Non potete cambiare quello che si è già prodotto nel mondo, così come non potete influire su un film che vedete allo schermo. Però è in vostro pieno potere cambiare la pellicola. Aggredire lo schermo o regolare il proiettore sono due modi di esistere completamente diversi, e, di nuovo, una questione di scelta personale.

In molti casi è meglio passare semplicemente oltre le cose che suscitano reazioni negative, non focalizzarvi l’attenzione, non preoccuparsi troppo di quello che non si vorrebbe avere nello strato del proprio mondo. Perché basta che voi permettiate a qualcuno di catturare la vostra attenzione con un qualche tocco di negatività per vedere quest’ultima realizzarsi immediatamente, entrare nella vostra realtà. Se invece non siete riusciti a passar oltre e siete caduti nella trappola emotiva, non dovete trattenervici a forza. Sarebbe un’azione vuota. Dovete capire che occorre gestire non le emozioni ma il modo di rapportarsi alla situazione. Che si può sempre invertire, se si riesce ad accendere la propria consapevolezza. Per esempio, al posto di sgridare qualcuno, fate l’opposto, elogiatelo. I funzionari degli uffici vi hanno fatto perdere la pazienza? Provate a guardarli da un altro punto di vista: ma come sono diligenti! Ma come si danno da fare! La polizia stradale vi ha fermato? Ma che bravi! Come si preoccupano che io non faccia incidenti! I vicini di casa vi stanno tormentando col loro rumore? Ma che creativi! Come sanno divertirsi! I calciatori vi stanno deludendo? Però come corrono bene per il campo! Come sono bravi! E che bella divisa! I colleghi di lavoro vi hanno offeso? Grazie a loro mi sono svegliato e ho capito qualcosa di nuovo. Grazie, ragazzi! Abituatevi a elogiare tutto e tutti. Per ogni messaggio negativo si trova sempre un riscontro quanto meno “ironico-giocoso”. Meraviglioso! Magico! Colossale! E che i pendoli si rodano dalla cattiveria per essere rimasti con un pugno di mosche in mano.

Checché se ne dica, la pazienza e la condiscendenza sono virtù dei re. Non è così?

Aggiungo a questo proposito ancora una breve considerazione per quanto riguarda il movimento nella corrente delle varianti. Nella realtà di tutti i giorni capita spesso di scontrarsi con piccole osservazioni, proposte, fatte da qualcuno en passant, consigli di vario genere o semplicemente opinioni astratte. Si tratta di piccolezze che possono sembrare insignificanti, ma solo in apparenza. Dovete sapere che le persone che vi circondano, a differenza di voi (se non state dormendo a occhi aperti), permangono in uno stato di sonno profondo. Le muove il sogno, ed esse, nella maggior parte dei casi, nuotano secondo la loro corrente, facendo solo deboli e rari tentativi di cambiarla. Vostro compito non è nuotare, ma muovervi consapevolmente nel flusso della corrente, sfruttando la sua forza e prestando attenzione solo ai segni che si incontrano per strada. Ebbene, come segni possono servire proprio le osservazioni, le proposte, i consigli, le opinioni di cui si diceva sopra, soprattutto se è evidente che sono stati espressi senza intenzione, en passant, cammin facendo. In questi casi sarebbe molto utile contenere l’istinto naturale di contraddirli, obiettarli o ignorarli. Non si è ovviamente obbligati a seguire immediatamente i primi consigli che vengono dati, ma non farà male, tuttavia, tenerli presente. Fate vostra una nuova regola: ascolta la donna e fai quello che ha detto. Capite di cosa parlo? Con gli uomini funziona di rado, perché l’uomo è fondamentalmente guidato dalla ragione e non dall’intuizione. L’uomo ha bisogno di essere attentamente ascoltato ed elogiato. «Ma come sei bravo!», bisogna dirgli. Consiglio: non è obbligatorio fare quello che dice un uomo, ma elogiarlo val bene la pena. Gli uomini amano essere ascoltati ed elogiati, quando succede, chiudono un occhio su tutto il resto. Però quando parlano in modo inconsapevole, non sarà superfluo tener conto delle loro parole perché potrebbero rivelarsi un segno del cammino, un suggerimento saggio proveniente dalla corrente delle varianti che si sta muovendo lungo il percorso ottimale.

Mantenetevi svegli quando tutt’intorno la gente è immersa in un sogno inconsapevole collettivo, e guardate ad esso come a un’avventura coinvolgente.

E un’ultima cosa: affinché tutto funzioni occorre addestrarsi ad accendere la consapevolezza al momento giusto. Ogni volta che qualcosa non vi piace e c’è un motivo per dare sfogo alla reazione negativa, controllatevi. In testa si è accesa una lampadina rossa? Perfetto! Si sta accendendo il regime di osservazione. Segue la domanda: cosa bisogna fare? Come andare avanti lo sapete già. Se vi sforzerete, non subito, dopo una serie di infruttuose cadute e ricadute nel sogno, acquisterete gradualmente l’abilità giusta e l’inconsapevole imprinting di prima cesserà di gestire la vostra vita. Scoprirete con stupore che i motivi di insoddisfazione attorno a voi diventeranno sempre di meno. Il vostro mondo si ripulirà del superfluo e comincerà a brillare di un caldo colore arancione.


RIEPILOGO

  Il mondo acquista tonalità gioiose se ad esso si applica il principio della coordinazione dell’intenzione, sia rispetto alle situazioni che rispetto alle azioni e al comportamento degli altri.

  Fin dall’infanzia ci hanno marchiato con un imprinting particolare: se qualcuno degli adulti ci sgrida con tono sicuro e rabbioso, significa che ha ragione e che noi abbiamo fatto qualcosa di sbagliato.

  Fin dall’infanzia viene inculcato un modello di reazione: se non ti sgridano ma sei tu a sgridare qualcuno, significa che hai ragione, sei migliore e stai più in alto di quelli che stai sgridando.

  Qualsiasi cosa gettiate contro lo specchio, bella o brutta che sia, vi tornerà indietro.

  Esprimendo insoddisfazione e non accettazione, intasate da soli il vostro mondo.

  Aggredendo qualcuno con le critiche avrete quasi sicuramente torto.

  Manifestando insoddisfazione verso qualcosa o imprecando contro qualcuno trasmettete allo specchio del mondo un’immagine squallida e nel riflesso riceverete di conseguenza un’altrettanto squallida realtà.

  Ciò, tuttavia, non significa che non si debba discutere, mettere in riga qualcuno, difendere se stessi o gli altri quando serve.

  Il vostro modo di rapportarvi al mondo e le vostre azioni devono essere guidate da un’intenzione consapevole, non dall’imprinting assimilato nell’infanzia.

  Non potete cambiare quello che si è già compiuto in questo mondo, però è in vostro potere cambiare la pellicola nel proiettore.

  Aggredire lo schermo o regolare il proiettore sono due modi di esistere completamente diversi.

  Non bisogna gestire le emozioni ma il modo di rapportarsi alle situazioni.

  La pazienza e l’accondiscendenza sono le virtù dei re.

  Muovetevi lungo la corrente delle varianti prestando attenzione ai segni che incontrate lungo il cammino. “Ascolta la donna e fai quello che ti ha detto”.

  Mantenetevi svegli e lucidi quando intorno a voi il mondo sprofonda in un sogno inconscio, e percepite tutto ciò come un’avventura coinvolgente.

  Bisogna addestrarsi ad accendere la consapevolezza al momento giusto. In testa si è accesa una lampadina rossa? Perfetto, si sta attivando il regime di osservazione.

NOTE A MARGINE

Quando qualcosa o qualcuno suscita la vostra irritazione, significa che state dormendo. Non appena vi rendete conto che qualcosa vi sta opprimendo, potete risvegliarvi dal sogno, sia esso a occhi aperti o nel sonno. Se poi avrete energia e chiarezza di coscienza a sufficienza, potrete gestire questo sogno.

Ho visto un arcobaleno

Questa volta ho deciso di fare quello che faccio rarissimamente: invece di pubblicare le lettere che parlano di problemi, pubblicare delle storie di successo. Di queste ne ricevo molte, potrei comporne un grosso libro. Credo che vi possa interessare sapere come molta gente riesce a realizzare il Transurfing con successo.

«Ho deciso di scriverle e raccontare cosa precisamente mi è riuscito e come. Ho incominciato a leggere il Transerfing za 78 dnej (Transurfing in 78 giorni). Il lavoro previsto dal libro è andato subito bene, anche perché avevo un forte desiderio di liberarmi da una depressione che stava incombendo. Lamentarsi e rattristarsi sono un lusso che non ci si può concedere! A titolo sperimentale mi sono creata l’intenzione di cercare un lavoro nuovo e più interessante. Molti princìpi del libro, come quello di aspettarmi dal mondo solo il meglio e di avere una ferma sicurezza nella propria stella, coincidevano con quello che avevo cercato di fare fino a quel momento. Il risultato è stato che la ricerca di lavoro si è conclusa con successo e ora è già da tre mesi che sono insediata nel mio nuovo posto. Praticamente, i princìpi del libro erano tutto quello che avevo usato per convincere il mio intelletto a ritenere che tutto funzionava a meraviglia. Non mi soffermo nemmeno a parlare dei piccoli colpi di fortuna, come i mezzi di trasporto che arrivano al momento giusto e altre piacevoli “casualità”.

Ora come ora mi sto occupando della proiezione di un intero complesso di scene che prevedono dei cambiamenti molto più significativi della semplice ricerca di un lavoro interessante. I cambiamenti si stanno delineando con gradualità, del resto la sfera di azione è piuttosto ampia. Non nascondo che ci sono ancora momenti che mi inducono allo scavo interiore e al masochismo mentale, ma in questi casi mi faccio aiutare dalla cura del corpo fisico (docce di contrasto, deliziose insalate, lunghe passeggiate, esercizi di ginnastica) o cerco di reindirizzare la mia attenzione verso il mondo circostante, comprese le persone che mi stanno vicino. Comunque sia, ultimamente il mondo attorno a me è diventato come un enorme meccanismo che prima sono riuscita a fermare, e poi a far girare in direzione opposta. Certo, all’inizio tutto ciò procedeva a fatica, con stridii, ma ogni giorno che passa mi accorgo che gli ingranaggi ruotano sempre più velocemente.

Per quanto riguarda la trasgressione, mi è venuto in mente un caso che mi è successo alcuni anni fa. È da più di dieci anni che porto, senza mai toglierlo, un anello che avevo comprato quando ero ancora adolescente. Un giorno, improvvisamente, quest’anello mi era scomparso dal dito. In altri tempi mi sarei demoralizzata, ma allora i miei pensieri seguirono un altro corso, non so perché. Era come quando si fa un sogno reale e poi ci si sveglia e si cerca di capire se quello che si è visto è successo veramente o si è solo sognato. Quella volta avevo avuto una sensazione simile. Mi ricordo perfettamente ancora adesso le prime scene: metto la mano in borsa e quando la tiro fuori ho di nuovo l’anello al dito. In quel momento non mi ero nemmeno sorpresa. Avevo guardato il mio anello, l’avevo accarezzato e, in uno stato quasi letargico, avevo continuato per la mia strada».

«Se l’amico tuo di sempre

Si fa gaio bruscamente

Pur in modo un po’ indecente

non si affligge, non va in basso

non impreca a ogni passo...

ti dirò tutto d’un fiato:

un transurfer è diventato!

Tu gli dici: “Il sole è avaro”

Lui in risposta: “Chiama denaro!”

L’estate è finita, la pioggia bagna...

Lui ride: “Di soldi ne avrai una montagna”

Sbeffeggiare sembra apposta

Cade la neve, lui: “Arriva la festa”

C’è un freddo cane: “Fa bene al pane!”

Io già sto zitta, non oso obiettare…

lui mi dice senza esitare

Se il capo urla con vilipendio

Vuol dir: “Fa bene allo stipendio”

Se ti si rompono le calze:

“Avrai vestiti per nuove danze”

Se nel parcheggio la multa ti danno:

“Attendi novità per tutto l’anno”

Per lui Lunedì è: “La dolce vita!”

La settimana, una dolcezza infinita!

Se dal lavoro ti han licenziato

Per lui: “In amore sarai fortunato”

Scodinzolando un cane ti fissa lo sguardo

di soldi ne avrai più di un miliardo

Se un gatto l’orecchio si gratterà:

“È segno che presto vivrai da pascià”

Per lui ogni evento è un divertimento

Se crolla il tetto è un trasloco netto

Tutte le strade portano a Roma

Ma anche al mare, direttamente

Io ormai non dico più niente...

Oggi lui, come un uccello

come una piuma leggero e bello

sull’onda della fortuna vola contento

e se ne va, gestendo il vento

Cambia lui e cambia il paesaggio

Mentre fluttua nel suo viaggio...

Dietro a lui correr non serve

C’è il tuo mondo qui che ti serve

Cosa importa se è avaro il sole:

In Egitto ce n’è una mole!

L’estate è finita, la pioggia bagna:

ma agli esami sarà una cuccagna!

Le scarpe sono strette, le braghe son corte:

la primavera è gia alle porte!

Non hai sandali? Niente paura!

Il tuo beneamato li comprerà su misura!

Ogni acciacco venuto a scoperto

di lunga vita è segno certo,

fino a cent’anni, e non novanta!

Una vita felice tanta tanta

Viver già è una fortuna

Tutto il Transurfing è in questa runa!»1.

«Una volta, l’inverno scorso, mentre passeggiavo verso sera, cercavo di praticare la visualizzazione del mio fine. Mi immaginavo la mia futura casa, ed essa era già presente nei miei pensieri: vedevo come ne avevo organizzato gli interni, vedevo l’arredamento e la mia famiglia già dentro QUESTO quadro. Non mi soffermo sui particolari degli esterni, di come la mia casa stava rispetto al sole. Vedevo tutto e mi immaginavo di come entravo in cucina, vedevo lì mia moglie, sentivo nelle stanze la luminosità del giorno, vedevo i raggi del sole che, entrando dalle finestre, si disperdevano sul pavimento, sentivo il calore dell’energia del sole, così piacevole al tatto dei piedi scalzi. Fantastico! Scrivo queste righe ora, mentre mi trovo LÌ, all’interno di questo spazio!

Ebbene, allora, alla fine della mia passeggiata, avevo deciso di praticare la transazione. Era il crepuscolo, una parte della giornata che io adoro perché meglio delle altre mostra le meraviglie del nostro mondo! Non è né chiaro né buio, né caldo né freddo, un’ora in cui io sento profodamente l’armonia assoluta del mondo! È una fase effimera: nell’arco di pochi minuti il chiaro si fa scuro, ma quando riesco a cogliere il momento di questo passaggio, provo un senso di mite entusiasmo. Era successo anche questa volta, ma in tutto ciò, in modo incomprensibile, era avvenuta anche una fusione nello spazio della causa e dell’effetto, tutto era “qui e adesso”. In strada c’era molta neve dopo la nevicata del giorno precedente, per questo dovevo fare attenzione nell’attraversare la strada. Durante il giorno, poi, la neve si era sciolta e verso sera si era formata una crosta di ghiaccio, ma, a parte ciò, la mia passeggiata serale si stava svolgendo senza particolari problemi. Per arrivare a casa mi restava solo da attraversare una stradina e imboccare il marciapiedi, già spalato dalla neve.

Nel momento stesso in cui appoggiai il mio piede sinistro sul marciapiede pulito e il mio piede destro era pronto a seguire il movimento del sinistro, la mia attenzione, al fine di scongiurare ogni pericolo di scivolamento, si concentrò sul bordo. In quel momento ebbi UNA VISIONE! Era un frammento di realtà di forma indeterminata, con i bordi esterni strappati ma con un contorno ben delineato, com’è, in un planisfero, un’isola nell’oceano.

“Ma guarda che roba!”, pensai, capendo che non era un sogno ma un fenomeno che era avvenuto realmente nell’istante che ero riuscito a cogliere. Grazie alla luce tipica del crepuscolo, il quadro si presentava di ottima definizione, solo che non aveva particolari abbellimenti, come succede nei sogni a colori, pur non essendo inferiore ai sogni per illusione di realtà. Non so perché ho deciso di raccontare proprio quest’episodio, forse perché era più vivido rispetto agli altri, come una stella che brilla all’improvviso in un cielo stellato pulito e di cui si è certi che un secondo prima non ci fosse! O forse perché quello che avevo osservato il giorno prima sopra la mia testa mentre praticavo la visualizzazione era un segmento di arcobaleno in un cielo che non prometteva alcuna pioggia. E l’arcobaleno mi aveva indotto a pensare che nei dieci minuti in cui esso era apparso, in pochi l’avevano notato, come spesso succede: chi è occupato a far la spesa, chi dorme, chi beve… mentre io avevo visto quest’arcobaleno! Forse proprio questo è la FELICITÀ!».

«Di recente ho litigato con mio figlio di 12 anni a causa dei suoi studi. È un ragazzino abbastanza ubbidiente, ma a volte parte per la tangente. L’ho sgridato perché, passando il tempo al computer e nelle reti sociali, stava andando male a scuola. Insomma, eravamo quasi arrivati a picchiarci, perciò ho deciso di punirlo. Per punizione doveva ogni giorno, fino al suo compleanno, chiedermi scusa e ripetere che si era comportato male. Tre giorni dopo, rendendomi conto che mi stavo comportando come un manipolatore dei più classici, ho deciso di cambiare. Gli ho detto che d’ora in poi avrebbe dovuto ricordarmi di essere il figlio più bello, più bravo, più capace a scuola, più ubbidiente, più disponibile ad aiutare in casa e, in generale, baciato dalla fortuna.

Dopo questo mio cambiamento non mi sono affatto stupita di vederlo fare i compiti praticamente senza il mio intervento: dopo le litigate, succedeva sempre così. Mi sono sorpresa, invece, oggi: mentre tornavamo a casa, dopo la scuola, e lui mi raccontava della sua vita in classe, mi ha detto che, secondo l’ultima classifica fatta dalle sue compagne per scegliere “il ragazzo più ammirato della classe”, a lui era stato assegnato il primo posto. Sono rimasta senza fiato per l’emozione!».

«Quello che Lei “ha combinato” nella mia vita con i suoi libri è difficile da esprimere a parole: non passa giorno che non provi ammirazione. Ho comprato il Suo primo libro nell’estate del 2005. L’ho letto tutto d’un fiato. Poi ho comprato e studiato i libri successivi. Mi sono iscritto alla sua newsletter. Ho cominciato ad applicare nella vita gli insegnamenti ricevuti e ora cerco di vivere ogni giorno secondo il Transurfing. La mia vita è cambiata su tutti i fronti, e ovunque solo in meglio. Non solo, ma è diventata così come me l’“ero disegnata!”. Faccio subito un esempio: mi sono composto la tabella “I MIEI FINI durante un certo anno”. Ne sono venuti fuori 10 punti. Ho lasciato perdere ogni pensiero sui soldi, dato che il giorno in cui ho composto la tabella avevo meno della decima parte della somma che mi serviva. Però ho stampato la mia tabella in vari esemplari: uno me lo sono appeso a casa, sopra la mia scrivania, un altro me lo portavo sempre in giro e il terzo l’ho appeso in dača2. Poi ho cominciato a lavorare secondo “le prescrizioni” del dottor Zeland. Il primo fine era: comprare una macchina. Siccome avevo deciso prima il modello, mi ero procurato tutte le informazioni necessarie: foto, video, risultati del test-drive, prospetti, riscontro nei forum eccetera. Avevo messo in mostra le foto della macchina che mi interessava in casa, nei posti più evidenti, qualche foto me la portavo dietro e ogni tanto, durante la giornata, la guardavo, cercavo “la mia macchina” in strada e nei parcheggi, l’ammiravo nei saloni dove ogni tanto andavo. Con una macchina ho anche fatto un giro di prova. Ed ecco IL RISULTATO: sono seduto oggi al volante della macchina dei miei sogni, anzi, quella che ho comprato è un’auto della stessa marca ma di un modello più caro e migliore. Credo che di quest’ultimo particolare si sia occupato IL MIO MONDO, che meglio di me sa ciò che mi serve. E di questo sono più che contento.

Per farla breve, dei 10 punti che avevo fissato per quell’anno se ne sono realizzati 9. Della realizzazione del decimo mi sto occupando ora.

A proposito, quasi mi dimenticavo… un anno e mezzo fa, in modo assolutamente consapevole e volontario, ho smesso di bere bevande alcoliche. Un anno fa sono passato a un regime alimentare vivo. Grazie ai Suoi libri sono riuscito a realizzare tutto questo. E la mia salute è diventata un’altra: sono ringiovanito, ho perso 20 chili, sono sempre arzillo, contento, resistente alle fatiche eccetera, eccetera».

«Quando mi proietto in testa il film del mio fine, immagino la mia vita futura, quello che trasformerà la mia vita in festa: sono un esperto di finanza, ho una famiglia meravigliosa; eccomi al lavoro, nel mio ufficio al trentesimo piano di un grattacielo. Entro nel mio ufficio, mi siedo sulla mia poltrona, vicino alla finestra. Alzo le veneziane e ammiro il panorama… resto senza fiato. Entra la segretaria con la posta. Prendo in mano il tagliacarte per aprire le buste. Il manico del tagliacarte è comodo, di legno. Apro un lettera. La carta è di qualità, fruscia sotto le dita. La lettera contiene un invito a un anniversario della mia università. Poi vado in riunione. Mentre faccio girare nella mia testa questo film, ho la piena sensazione di essere un asso nel mio lavoro, di essere uno specialista di classe… mi immagino che dopo il lavoro vado a cena con mia moglie, o a giocare a tennis con un amico. E poi volo via a New York, in trasferta di lavoro.

Poi mi immagino mentre sono a casa. Mi sveglio perché il mio cane carlino cerca di salire sul mio letto ma è grassoccio e non ci riesce. Mi alzo. In casa c’è odore di pane fresco. Mi avvicino alla vetrata, enorme, dal pavimento al soffitto. La apro ed esco in terrazza. Davanti a casa c’è un piccolo lago, e vedo i miei figli che stanno giocando lì vicino.

E così via. Faccio in modo di cambiare le mie diapositive e di tornare il più spesso possibile a vederle. Un giorno mi vedo mentre giro per l’Europa con la mia famiglia, il giorno dopo mentre sono in trasferta di lavoro in Siberia, il giorno successivo mi vedo al teatro “Marinskij”3. E in tutte queste scene rimane costante la sensazione che si tratta della mia vita. Tutto ciò che vedo intorno a me sono le mie cose. Sento, ascolto, vedo. Tutto ciò mi piace molto, mi sento bene perché sono riuscito ad ampliare notevolmente la zona del mio benessere.

Se prima perdevo tempo a pensare a come poter fare a raggiungere la realtà dei miei sogni, ora non ho più di questi problemi. So che avrò e basta. Tutto sta andando come deve e il mondo mi sta venendo incontro. Sono già successe un sacco di cose cui solo poco tempo prima non avrei potuto credere.

Però, non molto tempo fa nel forum ho letto che non si possono proiettare diapositive composte, che è come se io non vivessi la mia vita. Come fare?».

Lei sta facendo tutto correttamente. Continui pure a crearsi la sua realtà virtuale e a vivere in essa. Se lo farà sistematicamente, otterrà il suo film nella realtà (V. Z.).

«Vivo in Ucraina. A febbraio il canale televisivo “STB” ha organizzato, per un programma, un casting destinato a cuochi amatoriali (non con formazione professionale e non operanti nel settore). Ho individuato il piatto da presentare (era una torta), ma non sapevo come decorarla, perché in casa non ho mai decorato i miei piatti, invece per quest’occasione dovevo farlo... Insomma, la sera ho fatto una ricerca in internet, ho trovato degli ingredienti da usare e sono andata a dormire. Al mattino mi sono alzata e ho cominciato a preparare la mia torta in velocità, perché mio marito doveva accompagnarmi sul posto prima di andare al lavoro. Ma siccome non avevo mai decorato nulla prima di allora, non mi riusciva niente… Intanto mio marito mi soffiava sul collo, così ho deciso di utilizzare il principio di coordinazione dell’intenzione: gli ho chiesto di uscire al lavoro per non disturbarmi e, in cucina, mi sono messa a cantare una canzone che suonava più o meno così: “Andrà tutto a meraviglia, la mia torta sarà il piatto Migliore, uscirò campionessa e mi prenderanno per il programma…”, e così via. In breve, la mia torta è venuta uno spettacolo: al casting mi hanno chiesto se potevo preparare torte su ordinazione per matrimoni o compleanni, e quando ho detto che lo facevo per la prima volta, non mi hanno creduto».

«Mi sono reso conto che quanto più precisamente dirigo il mio pensiero, tanto prima esso si realizza. Ho eliminato tutti i pensieri distruttivi, e in una settimana, partendo da zero, ho organizzato un mio business: ho aperto il video-studio che da tempo desideravo aprire. È andata così. Non avevo neanche un soldo superfluo, a volte il denaro non mi bastava nemmeno per pagare l’affitto dell’appartamento in cui vivevo. In una situazione del genere, altro che pensieri di business… Non potevo chiedere un prestito, poiché ne avevo già ottenuto uno che non avevo terminato di pagare. Nonostante ciò ho raccolto i miei pensieri e ho deciso di focalizzarli in direzione del mio desiderio. Vivevo letteralmente di questi pensieri.

Mi sono fatto un piano delle entrate, mi sono reso conto che lavorare per se stessi è molto più redditizio e più piacevole che lavorare per altri. In questi pensieri ho trovato un sacco di vantaggi, mi faceva piacere rifletterci, gustarmi le immagini del mio progetto senza pensare minimamente ai soldi necessari per iniziarlo. Poi, un giorno alcuni miei amici mi hanno proposto un prestito e mi hanno sollecitato ad aprire l’attività dei miei sogni. L’hanno fatto così, per piacere personale, senza chiedermi nulla in cambio, solo una cassa di birra con i primi guadagni. Ebbene, mi sono deciso. Ora è da sei mesi che lavoro per me, vivo in un nuovo appartamento, seppur anch’esso in affitto, guadagno benone. Sono già riuscito a saldare il mio primo debito. Tra qualche mese chiuderò anche il secondo. Ecco com’è andata!».

«I suoi libri hanno letteralmente cambiato la mia vita. L’Apokrificeskij Transurfing [Il Transurfing apocrifo, edizione italiana contenuta ne Il Transurfing vivo; N.d.T.] è il mio livre de chevet. L’organismo sente istantaneamente la differenza tra cibi naturali e cibi morti. Quando ho incominciato a preparare la gelatina viva, all’inizio il gusto non era proprio il massimo… ora, però, come Lei ha scritto, non ne posso fare a meno. Adesso mangio sempre semi germinati, biscotti vivi eccetera. L’effetto è stupefacente! Ho scoperto con sorpresa che prima non sapevo cosa significasse “salute”. Utilizzo con costanza anche le tecniche descritte ne “Il generatore d’intenzione” e “Un bicchier d’acqua” [vedi Il Transurfing vivo; N.d.T.], sistemi mooooolto potenti, che funzionano al 100%! Prima di leggere i suoi consigli avevo praticato gli esercizi di Oko vozroždenija [vedi I cinque tibetani] per un anno e mezzo, ma senza effetti significativi. Grazie ai suggerimenti descritti nei Suoi libri ho finalmente sentito tutta la potenza di questo complesso di esercizi. La potenza e l’energia ne risultano triplicate, si vuole fare tutto e subito. E, cosa importante, ti rendi conto che la forza e il buonumore bastano per fare tutto, e la pigrizia non c’è più».

«Non posso dire che sono completamente passato a un regime di cibo vivo, a volte ricorro a quello trattato termicamente, ma mangio molto più spesso verdura, frutta e pesce leggermente salato. Ho 48 anni. Il Transurfing ha cambiato me e la mia vita. Prima ho perso peso, poi l’ho riacquistato, poi di nuovo la taglia dei jeans è diminuita. Il potenziale energetico è aumentato nettamente. L’umore è sempre positivo. Faccio molto sport. La cosa più sorprendente è che ho cominciato a vedere l’emissione di luce intorno alle persone, colgo bene le dimensioni di questa luce e ne distinguo un po’ il colore. Ho così scoperto che viviamo in un mondo di esseri luminosi e brillanti! Avevo letto di questo fenomeno, ma non avevo mai pensato di poter arrivare a vederlo».

«Sono riuscita a cambiare davvero molto nella mia vita. Se, per esempio, prima cercavo di fare soldi, ora mi arrivano da soli. Di solito faccio un ordine, dico per cosa esattamente mi servono i soldi e poi porto quest’ordine nella zona del mio benessere. Due-tre settimane di norma sono sufficienti: i soldi mi arrivano, oserei dire che si materializzano. I miei guadagni sono aumentati mediamente di dieci volte dopo circa sei mesi che avevo iniziato a mettere in pratica le sue tecniche! Sono sicura che ci sarebbe voluto molto meno tempo se non ci fosse stato l’ostacolo di organizzare questa “zona di benessere”. I primi tempi, infatti, dovevo persuadermi continuamente, la mia mente si ostinava a non credere che POTESSI PERMETTERMI DI AVERE molto di quello che ho adesso. Due anni fa per nulla al mondo avrei creduto a questa situazione, ma ora è diventata già così familiare e naturale. Ci sono, a dire il vero, anche momenti di calma, quando non tutto fila proprio liscio, ma so che si tratta di un fenomeno temporaneo e facilmente superabile».

«Volevo raccontare la mia storia di successo. Ho 20 anni, ho concluso i miei studi di architettura presso l’istituto di Mosca e sono entrata in una società di costruzioni, ovviamente come architetto più giovane. Ora sono il vice capo del dipartimento di architettura. Quello che ho fatto è stato “darmi in affitto”, e, sinceramente, l’ho fatto dapprima istintivamente, solo poi è subentrata la consapevolezza. Nel mio caso ha funzionato benissimo il Freiling. Grazie ad esso il mio capo mi stima molto. Sì, sono sempre raggiante e positiva. Grazie mille! Ora non ho né limiti, né confini!!! Ho la sensazione di essere un cavallo che prima arrancava per il sentiero senza alzare gli occhi mentre ora ha messo le ali. Sono diventata spensierata e libera… come un bambino! Sì! Ecco come si può definire il mio stato. E se il mio gioco mi stancherà, non succederà nulla… ne inventerò un altro nuovo. Nella vita non c’è niente di più serio che monitorare la condizione dell’anima. E la mia è stupenda».

«Nella mia vita è cambiato letteralmente tutto, dai rapporti in famiglia a quelli con gli amici e i conoscenti. Ho persino cominciato in modo inspiegabile a vincere le partite a biliardo, perché prima non giocavo ma tartassavo il mio sistema nervoso, e non solo il mio. La conquista maggiore è stato l’avvicinamento a mia moglie: solo per questo le sono infinitamente grato. Abbiamo anche iniziato a collaborare per un progetto comune! Da quando ho smesso di pensare alla mia importanza, ho notato come sono cambiati in meglio i rapporti degli altri nei miei confronti! Non mi assalgono strane idee, indotte dai mass media, e non solo perché non guardo più la TV, ma perché per esse non c’è posto nel mio flusso di pensieri positivi. Chi mi sta attorno si stupisce della mia reazione alle notizie negative. Giudico la mia esistenza attuale come uno stato di assenza di peso. Sono stato un pilota militare e so di cosa parlo. Un mese fa ho compiuto 40 anni e la sensazione “la vita è finita” è stata sostituita da quella “tutto è appena cominciato».

«Lei ha risposto a una domanda che mi ha tormentato tutta la vita: perché ottengo sempre il contrario di quello che voglio? Se ero sicura che si verificasse un certo evento, quest’evento non si realizzava, indipendentemente dal fatto che fosse una cosa positiva o negativa. Le cose arrivavano fino all’assurdo. Una volta, presso l’Istituto per la comunicazione, mi avevano registrato dei dischetti con un archivio di programmi ed ero sicura che avrei ricevuto senza problemi il materiale desiderato. Non c’era niente che potesse ostacolarmi. I dischetti erano già pronti e bastava solo andare a ritirarli. Persino in caso di eventuali contrarietà sentivo di non aver nulla da temere, perché i dischetti si sarebbero potuti sempre ripristinare. Ma il giorno prima che, a nome mio, i miei conoscenti andassero a ritirare il materiale, l’Istituto di comunicazione, e più precisamente il Centro computer dove giacevano i miei dischetti, bruciò in un incendio. Così svanì il mio sogno. Quando notai la regolarità di simili eventi, iniziai a utilizzare attivamente a mio vantaggio questo “fenomeno”. Se avevo bisogno di qualcosa, convincevo me stessa e chi mi era vicino del fatto che non mi sarebbe riuscito nulla di buono. Il risultato era che funzionava tutto al contrario e io ottenevo il risultato desiderato.

Ho utilizzato questa tecnica per 30 anni, senza che ci fossero mai eccezioni! La probabilità di riuscita delle cose era del 99,9999%!!!!!!!!!! Ma alla fine mi sono stancata. Perché non ero come tutti gli altri? Perché dovevo pensare al contrario per ottenere qualcosa?

Tutti in giro mi dicevano che è necessario inviare pensieri buoni e pensare in positivo. Ebbene: ogni volta che facevo così succedeva esattamente il contrario. Poi, per caso, qualcuno mi ha consigliato i suoi libri. Il mondo si è improvvisamente capovolto, e tutto è diventato chiaro. Nel giro di un mese ho risistemato i miei pensieri, e ora le mie intenzioni funzionano così come dev’essere. Anzi, funziona tutto molto meglio di prima, è tutto più semplice, più comprensibile e più divertente! Ho ricevuto le risposte a tutte le mie domande e, in sovrappiù, anche la tecnica per raggiungere il mio fine e proteggermi dai pendoli. La teoria delle diapositive, poi, è semplicemente stupenda! Funziona tutto!».

«Non vorrei stancarla con l’elenco crescente dei miracoli (diversamente non li potrei chiamare) che mi succedono grazie a questo SAPERE. In poche parole dirò che prima vivevo la vita disgustosa e opaca della metropoli, mentre ora, nel giro di una misera quantità di tempo, sto vivendo con la mia splendida moglie in un’isola tropicale nell’oceano, e ogni minuto della mia vita è colmo di significato e di gioia. Come dice Lei, “l’anima canta e la ragione si strofina le mani soddisfatta”. Solo che a volte mi amareggia e mi stupisce vedere quanta gente cieca ci sia intorno, e come coloro cui regali il miracolo del TRANSURFING, dopo aver letto il libro non capiscano NULLA di esso… brontolano ma continuano a vivere la loro odiata routine quotidiana. Comunque ciò non mi turba particolarmente, perché ognuno si sceglie lo strato del suo mondo».

«Che cosa faccio io? Supponiamo che mi sia arrivata una notizia brutta, dal mio punto di vista. Comincio col fregarmi le mani, l’una contro l’altra, sorrido (a volte a forza, in modo tirato), e mi dico: “Tutto sta andando come deve. Fantastico! È tutto OK! È tutto meraviglioso!”. E poi comincia una cosa strana, una sorta di “gesto interiore”. Non riesco nemmeno a capire cos’è, figuriamoci se riesco a spiegarlo! È come se, dentro di me, qualcosa si contraesse (come fanno i bambini piccoli quando, per la felicità, stringono i pugnetti e poi li agitano). Insomma, mi costringo a fare la stessa cosa. E funziona davvero! La situazione non solo comincia a volgere a mio favore, ma alla fine mi porta anche una qualche inaspettata e piacevole sorpresa! E quando succede posso solo dire: “Wow! Non è possibile!”».

«Quando ho iniziato a leggere il Suo primo libro, mi sono sorpresa del fatto che tutto quello di cui Lei scriveva mi fosse familiare e chiaro: quando ero piccola, più o meno fino a circa 12-14 anni, sapevo fare tutto questo. Certo, non conoscevo tutti i dettagli, ma in qualche modo, intuitivamente, sapevo muovermi e tutto mi riusciva con successo. Poi, col tempo, dovevo sempre più spesso agire con buon senso e com’è giusto fare. “Grazie” all’esperienza accumulata nella vita, ho incominciato a classificare tutto per bene, a disporre ogni cosa nel suo scompartimento in conformità ai concetti di giusto e sbagliato. Il risultato non si è fatto attendere: ora ho perso tutto quello che avevo raggiunto un tempo, che era importante e incrollabile. Alcuni eventi hanno distrutto certe mie ferme convinzioni. Per fortuna ho deciso di fermarmi e riflettere su ciò che mi stava succedendo. Per caso sono venuta a conoscenza dei Suoi libri, ma li ho trovati presto. Forse anche questo è un segno. Ora sembro un’atleta che prima era una campionessa ma a causa della sua sicumera ha subito un trauma e ora di nuovo impara a camminare. Avrò modo di ricordare la mia infanzia».

«Quando ho letto il Transurfing, due anni fa, non potevo nemmeno sognare di potermi trovare un giorno all’estero, soprattutto a Londra. E del fatto che ci sia gente che può discutere per decidere su quale parte delle Alpi andare a sciare, anche questo l’ho saputo dal suo libro. È allora che ho capito che questo era anche il mio desiderio. Allora mi sembrava veramente irreale, ma sapevo che se il Transurfing avesse funzionato, sarebbe stato così. Insomma, ora sono a sciare sulle Alpi, quindi, la tecnica funziona e ciò mi permette di fissare, per il futuro, dei fini ancora più incredibile e folli. Del resto, non c’è nulla di impossibile, siamo noi a porci da soli dei limiti».

«Fin dall’inizio il mio fine, la mia intenzione era quella di cambiare casa. Però non avevo ben chiaro cosa volessi. Se due anni prima visualizzavo con forza un’appartamento di tre stanze nel centro della mia città, un anno e mezzo più tardi avevo finalmente capito che la mia anima aspirava a un bell’appezzamento di terreno e a una casa fuori città. Volevo vivere e lavorare vicino alla terra e preferibilmente a distanza dal centro della mia città.

Ed ecco che tre giorni fa questa felicità mi è letteralmente caduta dal cielo sotto forma di un’ottima occasione di acquisto di un grande appezzamento di terreno (7 ha) per la creazione di una fattoria. Ho già calcolato che con il ricavato dalla vendita del mio appartamento attuale mi sarà possibile costruire una bella casa. Dunque, senza ipoteche e simili sistemi vincolanti di credito, ho la possibilità di cambiare il mio bilocale in un quartiere periferico della città con un meraviglioso cottage di 150 mq in un terreno enorme di buona terra fertile, circondata da un bosco, vicino a un fiume e a un’ora di macchina dalla città. Ecco dove troverò lo spazio per la mia fantasia, quante cose potrò realizzare lì! A dire il vero, quando questo colpo di fortuna mi è caduto dall’alto, è stato così inaspettato che in un primo momento sono stata presa dal panico. Voglio dire che, sì, avevo intenzione di avere tutto, ma non così presto! Non ero pronta a un cambiamento così radicale di tutta la mia vita! Ho dovuto lavorare con me stessa per un po’, calmarmi e risistemare il cervello. Così ho capito: la realizzazione dell’intenzione avviene quando si è chiaramente consapevoli di quello che ci serve esattamente. E solo se se ne ha realmente bisogno. Non sarei rimasta soddisfatta ottenendo un trilocale in centro città. Non era il mio fine. Appena mi sono resa conto del mio vero fine, l’ho raggiunto immediatamente».

«L’anima viveva, l’anima soffriva,

l’anima languiva e chiamava,

l’anima esser libera voleva.

Di volare, amare, il mal dimenticare,

voleva ridere, giocare, gioire della vita

vedere un mondo di felicità infinita.

Ma improvvisamente le vennero pensieri

consigli ragionevoli ma neri:

Non creder… non serve… non esiste…

Scendi a terra ... dal desiderar desisti

Ahimé, quanto spesso la nostra ragione

di costruir inferno è maestra e cagione

L’anima invece, sempre con sorriso

si sforza ovunque di creare un paradiso…»4.

«Ho iniziato a leggere i suoi libri e non potevo smettere. Ho trovato risposte a tutte le mie domande, comprese quelle che non riuscivo nemmeno a formulare. Tutto ciò che ho letto si organizzava in un sistema armonico che non ostacolava niente e nessuno e, anzi, era di aiuto a tutto. Mi sono diventate evidenti molte cose, la cui essenza prima non riuscivo a capire o su cui avevo dei dubbi.

Fin da quando ero bambino mi ponevo delle domande che, come dicevano gli adulti, erano di un passo più avanti della mia età. Mentre tutti dicevano: “Così non si può fare, devi fare in questo modo, in caso contrario non otterrai nulla”, io cercavo altri percorsi. Non mi è quasi mai piaciuta la strada che battevano i miei coetanei e solo ora mi rendo conto che stavo cercando una strada per me, la mia strada verso “l’armonia dell’anima e della ragione”.

Dopo aver trovato queste parole mi è parso che il mondo fosse cambiato, come se qualcuno mi avesse tolto degli occhiali che avevo addosso. Osservavo il mondo che mi circondava ed ero fuori di me dalla gioia di poter vedere finalmente tutto con i miei veri occhi. Era come se mi fossero cresciute delle ali! Era tutto cambiato intorno a me. E quello che fino a quel momento facevo in modo inconsapevole sembrava corrispondere a quanto scritto nel Transurfing.

Così, ormai senza ombra di dubbio, ho cominciato ad andare per la mia strada, a seguire la direzione dell’armonia dell’anima e della ragione. È risultato che tutto, come mi piace dire, “è talmente semplice da sembrare ridicolo”. Sono spariti i continui sbalzi di umore alla minima provocazione, anzi, ora trovo divertente che, per esempio, in autobus una vecchietta cominci a sgridarmi. Sono scomparsi i fini “irraggiungibili”, perché infatti non esistono. Sono finiti i problemi di comunicazione, studio, soldi, tutto si è come vanificato. Ora so che al di là di tutto ciò c’è una cosa vera. Per la prima volta nei miei 18 anni di vita sono davvero felice. Perché sono fuggito dalla fattoria. Sono libero! E lì non ci tornerò mai più».

«Un’amica mi ha dato da leggere le sue newsletters sul cibo sintetico. Credo che Lei debba sapere che Le è riuscito di indirizzare su questa strada un’altra persona, me. Non mi è stato difficile passare al cibo vivo perché sono abituata a fare digiuni regolari e il mio organismo è allenato. Durante il digiuno mi sento bene e ho un sacco di energia, ma non potevo nemmeno immaginare di poterne avere ancora di più! Si ha davvero la sensazione di essere stati sottoposti a doping, si ha voglia di volare e creare.

Ma la cosa principale non è neanche questa. Non mi sono mai lamentata della mia salute e della mia coscienza, perché è da anni che vivo coscientemente e tutte le mie intenzioni si avverano. Ma prima, alla mattina, sentivo una sorta di angoscia e non riuscivo a capire da dove provenisse, era un’ansia ingiustificata che si trasformava in paura. Poi però ho capito: l’organismo provava una sorta di dipendenza dai prodotti sintetici. Quando li ho eliminati, è sparito tutto. Prima delle cose mi riuscivano a volte difficili, perché potevo prefiggermi un fine, realizzarlo, ma i tempi si spostavano. Ora è comparsa la tranquillità. Non ho più urgenze, solo una chiara intenzione, senza ulteriori sforzi. Vado al mio fine e basta. È diventato tutto semplice. E pensare che non potevo nemmeno supporre i motivi delle mie difficoltà. Se qualcuno prima li avesse collegati all’alimentazione, non ci avrei creduto. Continuavo a cercare le cause nel mio carattere, nell’insufficienza di disciplina e in altre cose. E solo dopo aver realizzato che ci sono molte cose di cui non si sospetta neanche l’esistenza, come l’alimentazione, nel mio caso, si fa presto a cambiare la propria realtà. Le ho scritto questa lettera affinché Lei sappia QUANTO ha fatto per me».















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